BAROLO 1999 BARTOLO MASCARELLO, AUSTERA EMOTIVITÀ
di LUCIO FOSSATI - 15 novembre 2018
Con il Barolo 1999 di Bartolo Mascarello ci siamo frequentati assiduamente, cadenzando senza progetto ed improvvisando i nostri appuntamenti: tanto lui è sempre diverso, inutile cercare di capire, meglio sentire.
Alcune bottiglie facevano parte di una fornitura acquistata per il mio ristorante, altre invece le ho incontrate nel corso del mio andare.
L'ultimo flacone, centellinato qualche cena fa' nel disperato tentativo di prolungarne il piacere, ha sedotto tutti i commensali per la sua libertà espressiva. Vi ho riscontrato una saporita maturità ed una vigoria ancora giovanile delle energie traenti. La spinta tannica ha manifestato l'appartenenza alla “vecchia scuola”, riverberata da UN'ANNATA CHE ANCORA OGGI SI DIVERTE A CARACOLLARE SPREGIUDICATAMENTE SUL CRINALE DEL VERDE.
Spesso i '99 gigioneggiano con la compiutezza fenolica, ma nelle battute finali risolvono tutto in una progressione verso cieli ulteriori, negati alle vicine annate reputate maggiori (illo tempore!). Assemblando le uve dei 4 vigneti, in ossequio alla tradizione langarola, il vino ci restituisce una panoramica aerea della vendemmia, allargando il primo piano stretto che ti può dare la vinificazione monoparcellare.
Le variabilità millesimali sono presenti, ma perdono di nitore, per contro l'armonia guadagna di complessità. Più equilibrio dinamico, meno definizione. Ma perché perdersi nelle sfumature quando il corpo pieno del colore è ipnotizzante? IL BAROLO DI BARTOLO MASCARELLO È IMMANENTE, NON VUOLE TRASCENDERE con l'affinamento, permane alle proprie radici. Il Barolo di Bar(t)olo è CONTADINO nei suoi sentori di terra, è VISCERALE nel suo arrivare prima alla pancia e poi al cervello, è timido e introverso e per comprenderlo devi RISPETTARE I SUOI SILENZI, ACCOGLIERE L'ARREMBAGGIO ANARCHICO DEL SUO SAPORE, INEBRIARTI DELLE SGRAMMATICATURE O DEI CALI DI TENSIONE ACIDA. Poi, quando stappi una ‘99 così, davvero sorseggi la gratifica ultima delle fatiche nei campi.
Una bocca piena e ruvida, cangiante tra la VOLUTTÀ DI UN INCARNATO DI MODì E LA PLASTICITÀ TERRAGNA DI UN’ARGILLA PENNELLATA DA MORANDI. Un naso a tratti un po’ ridotto, a tratti polveroso, talvolta fungino, indirizza tutta la sensibilità olfattiva su vapori di arance tarocco e melograno. Il colore sfuma nel rosso mattonato, un po' opaco ed un po' scarico proprio delle lunghe macerazioni (burocrazia). Sale e acidità, su tutto, dilatano la persistenza aromatica, incuranti delle presenze vigili e severe di tannini ed alcoli. I VINI DI BARTOLO MASCARELLO SOTTO L'AUSTERITÀ CULLANO SEMPRE UNA GRANDE EMOTIVITÀ e questa bottiglia, ora, dipinta con una tavolozza autunnale, si è affrancata dalla sua mezza età e DANZA EBBRA DI GIOIA E FERVIDA DI FUTURO nella sua FESTA POSTVENDEMMIA.
Alcune bottiglie facevano parte di una fornitura acquistata per il mio ristorante, altre invece le ho incontrate nel corso del mio andare.
L'ultimo flacone, centellinato qualche cena fa' nel disperato tentativo di prolungarne il piacere, ha sedotto tutti i commensali per la sua libertà espressiva. Vi ho riscontrato una saporita maturità ed una vigoria ancora giovanile delle energie traenti. La spinta tannica ha manifestato l'appartenenza alla “vecchia scuola”, riverberata da UN'ANNATA CHE ANCORA OGGI SI DIVERTE A CARACOLLARE SPREGIUDICATAMENTE SUL CRINALE DEL VERDE.
Spesso i '99 gigioneggiano con la compiutezza fenolica, ma nelle battute finali risolvono tutto in una progressione verso cieli ulteriori, negati alle vicine annate reputate maggiori (illo tempore!). Assemblando le uve dei 4 vigneti, in ossequio alla tradizione langarola, il vino ci restituisce una panoramica aerea della vendemmia, allargando il primo piano stretto che ti può dare la vinificazione monoparcellare.
Le variabilità millesimali sono presenti, ma perdono di nitore, per contro l'armonia guadagna di complessità. Più equilibrio dinamico, meno definizione. Ma perché perdersi nelle sfumature quando il corpo pieno del colore è ipnotizzante? IL BAROLO DI BARTOLO MASCARELLO È IMMANENTE, NON VUOLE TRASCENDERE con l'affinamento, permane alle proprie radici. Il Barolo di Bar(t)olo è CONTADINO nei suoi sentori di terra, è VISCERALE nel suo arrivare prima alla pancia e poi al cervello, è timido e introverso e per comprenderlo devi RISPETTARE I SUOI SILENZI, ACCOGLIERE L'ARREMBAGGIO ANARCHICO DEL SUO SAPORE, INEBRIARTI DELLE SGRAMMATICATURE O DEI CALI DI TENSIONE ACIDA. Poi, quando stappi una ‘99 così, davvero sorseggi la gratifica ultima delle fatiche nei campi.
Una bocca piena e ruvida, cangiante tra la VOLUTTÀ DI UN INCARNATO DI MODì E LA PLASTICITÀ TERRAGNA DI UN’ARGILLA PENNELLATA DA MORANDI. Un naso a tratti un po’ ridotto, a tratti polveroso, talvolta fungino, indirizza tutta la sensibilità olfattiva su vapori di arance tarocco e melograno. Il colore sfuma nel rosso mattonato, un po' opaco ed un po' scarico proprio delle lunghe macerazioni (burocrazia). Sale e acidità, su tutto, dilatano la persistenza aromatica, incuranti delle presenze vigili e severe di tannini ed alcoli. I VINI DI BARTOLO MASCARELLO SOTTO L'AUSTERITÀ CULLANO SEMPRE UNA GRANDE EMOTIVITÀ e questa bottiglia, ora, dipinta con una tavolozza autunnale, si è affrancata dalla sua mezza età e DANZA EBBRA DI GIOIA E FERVIDA DI FUTURO nella sua FESTA POSTVENDEMMIA.