BORGOGNA, LEZIONI DI SOPRAVVIVENZA A CURA DI GIANCARLO MARINO
08 luglio 2018
Prima o poi terrò un corso sulla Borgogna dal titolo “lezioni di sopravvivenza”, sottotitolo “acquisti intelligenti”.
Una sorta di istruzioni ad uso e consumo di coloro che non vogliono arrendersi all’aumento dei prezzi dei vini di questa zona, continuando a coltivare il desiderio di berne qualche bottiglia senza dover necessariamente accendere un mutuo. E questo senza rinunciare ad una bottiglia degna delle migliori e più autentiche tradizioni borgognone.
La prima lezione avrebbe un inizio “urlato”, come quando Frederick Frankenstein (scusate… Frankestin) rivolto a Igor (scusate…Aigor) manifesta tutto il suo orgoglio scandendo “ SI …PUO’…FAREEEE”.
E uno dei primi capitoli riguarderebbe i vini di Beaune. Grazie alla dimensione dilatata della denominazione, all’opera meritoria delle migliori maison (chi non conosce il mitologico Beaune Greves 1er cru Vignes de l’Enfant Jesus di Bouchard?), ma anche a quella di molti piccoli o grandi produttori del comune, i prezzi dei vini di Beaune sono sempre stati e sono ancora oggi abbordabili.
Qui il pinot nero da origine, pur nel ventaglio delle versioni derivanti dal diverso carattere dei Cru e dallo stile dei produttori, a vini mai sfacciati, semmai introversi, la cui lettura richiede pazienza (a volte declinata in decenni di attesa), attenzione, predisposizione alla ricerca piuttosto che all’ascolto pigro. Del resto, anche nei suoi riconoscimenti più comuni e tipici, un vino di Beaune rimanda alla penombra del sottobosco, alla terra e alla corteccia degli alberi, ai piccoli frutti e ai fiori scuri, alle sfumature piuttosto che ai toni accesi. Se fosse un film, sarebbe in bianco e nero; se fosse una inquadratura, sarebbe uno scorcio piuttosto che un panorama en plen air.
Ho accolto con gioia e grande curiosità, quindi, l’invito dell’amico Filippo Apollinari a bere insieme due Beaune 1er cru del domaine Albert Morot, Marconnets 1990 e Teurons 1988. Ho varcato la soglia aziendale una sola volta, ormai anni fa, e quando il proprietario Geoffroy Choppin De Janvry ci ha invitato a scendere nelle antiche e buie cantine sotto l’austero Chateau de la Creusotte, ho immaginato che spuntasse fuori da un anfratto Igor (scusate...Aigor) a dirci che “lupo ululà e castello ululì”.
I due vini avevano molti lati in comune: floreale di violetta, frutto sul ribes, la ciliegia nera, un tocco balsamico, una misurata nota minerale e una trama tannica di cachemire piuttosto che di seta; ma dopo aver fatto un tratto di strada insieme, mostrando di essere figli della stessa madre, si sono salutati per svelare il carattere più personale dei rispettivi climat e delle annate di provenienza: più austero, strutturato e complesso il Teurons, con tannini risolti ma che non avevano perso l’originaria matrice di rusticità; un peso welter il Marconnets, che ha disvelato la sua origine da una parcella più “fredda”, al punto da mitigare i toni caldi di una annata come la 1990, offrendosi più sottile e delineato, ma anche meno complesso. Due vini in beva, ma privi di alcun segno di cedimento.
Nonostante fosse lievemente inficiato da un tappo sfortunato - forse neanche troppo “lievemente” – il Teurons, con il suo più alto lignaggio, è stato il vino di cui ho svuotato per primo il calice. Grazie Filippo.
E se deve essere una anteprima di future lezioni di sopravvivenza, nel caso in cui vi attraggano i vini di Beaune, consiglio di cercare alcuni dei piccoli gioielli della denominazione. Se ne parla poco, oscurata com’è dal fascino dei Grands Crus di Gevrey-Chambertin o Vosne-Romanée, ma il Beaune 1er cru Teurons del Domaine Rossignol-Trapet è spesso una vera delizia. E del Domaine Lafarge si parla il più delle volte per i suoi Volnay, dimenticandosi che produce anche un meraviglioso Beaune 1er cru Greves. Da ultimo vi invito a una caccia al tesoro: con un po’ di fortuna e le “dritte” giuste potreste imbattervi in un vecchio Beaune 1er cru del Domaine Germain – Chateau de Chorey (Cras, Teurons, Cents Vignes, Vignes Franches). I vini sono a immagine e somiglianza di chi li ha prodotti: austeri, anche scontrosi, poco restii ad aprire il proprio cuore al primo arrivato, ma capaci di slanci di grande generosità verso chi saprà entrarne in sintonia. Purtroppo il domaine non esiste più; la famiglia Germain, però, vive ancora nel vecchio castello, nelle cui cantine sono conservate molte bottiglie, indietro nel tempo non so bene quanto. A volte la ricerca è stimolante in quanto tale e non solo quando è premiata.
Una sorta di istruzioni ad uso e consumo di coloro che non vogliono arrendersi all’aumento dei prezzi dei vini di questa zona, continuando a coltivare il desiderio di berne qualche bottiglia senza dover necessariamente accendere un mutuo. E questo senza rinunciare ad una bottiglia degna delle migliori e più autentiche tradizioni borgognone.
La prima lezione avrebbe un inizio “urlato”, come quando Frederick Frankenstein (scusate… Frankestin) rivolto a Igor (scusate…Aigor) manifesta tutto il suo orgoglio scandendo “ SI …PUO’…FAREEEE”.
E uno dei primi capitoli riguarderebbe i vini di Beaune. Grazie alla dimensione dilatata della denominazione, all’opera meritoria delle migliori maison (chi non conosce il mitologico Beaune Greves 1er cru Vignes de l’Enfant Jesus di Bouchard?), ma anche a quella di molti piccoli o grandi produttori del comune, i prezzi dei vini di Beaune sono sempre stati e sono ancora oggi abbordabili.
Qui il pinot nero da origine, pur nel ventaglio delle versioni derivanti dal diverso carattere dei Cru e dallo stile dei produttori, a vini mai sfacciati, semmai introversi, la cui lettura richiede pazienza (a volte declinata in decenni di attesa), attenzione, predisposizione alla ricerca piuttosto che all’ascolto pigro. Del resto, anche nei suoi riconoscimenti più comuni e tipici, un vino di Beaune rimanda alla penombra del sottobosco, alla terra e alla corteccia degli alberi, ai piccoli frutti e ai fiori scuri, alle sfumature piuttosto che ai toni accesi. Se fosse un film, sarebbe in bianco e nero; se fosse una inquadratura, sarebbe uno scorcio piuttosto che un panorama en plen air.
Ho accolto con gioia e grande curiosità, quindi, l’invito dell’amico Filippo Apollinari a bere insieme due Beaune 1er cru del domaine Albert Morot, Marconnets 1990 e Teurons 1988. Ho varcato la soglia aziendale una sola volta, ormai anni fa, e quando il proprietario Geoffroy Choppin De Janvry ci ha invitato a scendere nelle antiche e buie cantine sotto l’austero Chateau de la Creusotte, ho immaginato che spuntasse fuori da un anfratto Igor (scusate...Aigor) a dirci che “lupo ululà e castello ululì”.
I due vini avevano molti lati in comune: floreale di violetta, frutto sul ribes, la ciliegia nera, un tocco balsamico, una misurata nota minerale e una trama tannica di cachemire piuttosto che di seta; ma dopo aver fatto un tratto di strada insieme, mostrando di essere figli della stessa madre, si sono salutati per svelare il carattere più personale dei rispettivi climat e delle annate di provenienza: più austero, strutturato e complesso il Teurons, con tannini risolti ma che non avevano perso l’originaria matrice di rusticità; un peso welter il Marconnets, che ha disvelato la sua origine da una parcella più “fredda”, al punto da mitigare i toni caldi di una annata come la 1990, offrendosi più sottile e delineato, ma anche meno complesso. Due vini in beva, ma privi di alcun segno di cedimento.
Nonostante fosse lievemente inficiato da un tappo sfortunato - forse neanche troppo “lievemente” – il Teurons, con il suo più alto lignaggio, è stato il vino di cui ho svuotato per primo il calice. Grazie Filippo.
E se deve essere una anteprima di future lezioni di sopravvivenza, nel caso in cui vi attraggano i vini di Beaune, consiglio di cercare alcuni dei piccoli gioielli della denominazione. Se ne parla poco, oscurata com’è dal fascino dei Grands Crus di Gevrey-Chambertin o Vosne-Romanée, ma il Beaune 1er cru Teurons del Domaine Rossignol-Trapet è spesso una vera delizia. E del Domaine Lafarge si parla il più delle volte per i suoi Volnay, dimenticandosi che produce anche un meraviglioso Beaune 1er cru Greves. Da ultimo vi invito a una caccia al tesoro: con un po’ di fortuna e le “dritte” giuste potreste imbattervi in un vecchio Beaune 1er cru del Domaine Germain – Chateau de Chorey (Cras, Teurons, Cents Vignes, Vignes Franches). I vini sono a immagine e somiglianza di chi li ha prodotti: austeri, anche scontrosi, poco restii ad aprire il proprio cuore al primo arrivato, ma capaci di slanci di grande generosità verso chi saprà entrarne in sintonia. Purtroppo il domaine non esiste più; la famiglia Germain, però, vive ancora nel vecchio castello, nelle cui cantine sono conservate molte bottiglie, indietro nel tempo non so bene quanto. A volte la ricerca è stimolante in quanto tale e non solo quando è premiata.