GRECIA, SANTORINI: LA VITICOLTURA, I VINI E QUALCHE DRITTA UTILE
di FILIPPO APOLLINARI - 12 settembre 2014
I viaggi di ritorno, almeno per il sottoscritto, portano spesso in dote il bagaglio aggiuntivo dei ricordi. Questa volta, sul volo che da Santorini mi riportava in Italia, a farmi compagnia, oltre alla consueta paura di volare, sono state le suggestive immagini dei tramonti di Oia. Quella lenta e magnetica discesa curva del sole, che si arrende quotidianamente al mare, è stata una tela ideale sulla quale imprimere il resoconto della mia sosta sull’isola, alla scoperta della viticoltura locale. I racconti dei produttori incontrati e gli assaggi eseguiti successivamente al rientro hanno rimarcato con decisione l’enorme potenziale, ancora in buona parte inespresso, delle vinificazioni isolane a tinte bianche, il cui modello espressivo, mai come oggi, sembra essere di estrema attualità.
LA STORIA
SANTORINI è l’isola più meridionale e più vasta tra le dodici che compongono l'arcipelago delle Cicladi, nel cuore del mare Egeo, a nord di Creta. Si tratta di un'isola vulcanica, sventrata nel 1627 a.C. dalla più imponente eruzione che sia stata mai documentata in Europa. Un cataclisma che ne ha radicalmente modificato la morfologia, trasformando il suo originario perimetro circolare nell’attuale caratteristica forma a spicchio di luna.
I primi popolamenti risalgono presumibilmente al quinto millennio a.C., mentre le prime testimonianze sulla presenza della viticoltura (come dimostrano gli scavi nella città di Akrotiri) risalgono al secondo millennio a.C.. Da questo momento fino alla metà del XIX secolo la viticoltura di Santorini vive un periodo di espansione, inizialmente come fonte di sostentamento per compensare l’assenza di acqua potabile, successivamente come principale fonte di reddito dell’isola. Il più prestigioso vino isolano dell’epoca è il vino-santo che, in particolar modo sul finire del Medioevo, inizia ad avere richieste dai ceti abbienti di tutta Europa e specialmente della Russia.
L’entomologo e botanico francese Guillaume-Antoine Olivier, al rientro da una spedizione in Medio Oriente sul finire del XVIII secolo lo descrive così: “E’ dolce, liquoroso, e di qualità mediocre il primo anno. Diventa molto buono invecchiando e da preferirsi al miglior vino di Cipro, viene quasi interamente venduto in Russia.... E’ fatto con uva bianca ben matura, che viene esposta per otto giorni al sole, stesa sui terrazzi delle case”.
L’espansione della viticoltura isolana tocca il suo apice nel 1841, quando a Santorini si contano 2 mila ettari di vigneto per una popolazione 13 mila abitanti. A partire dalla metà del XIX secolo l’età dorata dei vini di Santorini si scontra con una concorrenza più agguerrita e con la richiesta di vini secchi, più fini, dalla gradazione alcolica più contenuta. Il vinsanto, prodotto in scarsa quantità, si “riduce” al ruolo di vino da messa degli ecclesiastici e lo splendore della viticultura locale si appanna drammaticamente. Solo nell’ultimo ventennio un manipolo di produttori, animati da un rinnovato spirito imprenditoriale e una più moderna conoscenza delle tecniche produttive, è riuscito a riportare in auge la viticoltura locale, aiutata dall’introduzione di un sistema di denominazioni d’origine (PDO Santorini, Protected Designation Of Origin) e dalla richiesta di un turismo crescente. Quest’ultimo elemento, determinante per la promozione della cultura isolana, rischia tuttavia di mettere a repentaglio la bellezza naturale e architettonica dell’isola, oltre che la conservazione degli usi e costumi più antichi.
IL TERRITORIO
La coltura della vite accompagna l’intera orografia dell’isola, insistendo prevalentemente nei declivi che dalla parete della caldera, sulla costa occidentale, degradano dolcemente verso est, scendendo mediamente dai 350 ai 150 metri sul livello del mare. Il patrimonio viticolo oggi conta complessivamente circa 1200 ettari iscritti alla denominazione di origine (PDO Santorini), riguardante esclusivamente i vini ottenuti dalle uve a bacca bianca. Un vigneto spalmato sui 14 comuni di Santorini e delle due isolette satelliti: Thera e Therasia. Dei 2350 vignaioli che si contano sull’isola, la stragrande maggioranza conferisce le uve alla cantina cooperativa Santo-Wines (850 circa) o ai produttori più importanti.
Il suolo, 100% vulcanico e dall’aspetto prevalentemente sabbioso, è costituito da cenere, pietra pomice e frammenti di lava solidificata, frutto della lavorazione e dell’erosione della roccia madre sottostante. Una roccia dura e compatta, ma altamente friabile, costituita a sua volta da un tufo vulcanico chiamato “andesitico” (identico alla cordigliera delle Ande, ma diverso da quello basaltico dell’Etna). Al di sotto di esso resiste ancora uno strato di calcare e scisti antecedente all’eruzione. La natura del suolo, privo di argilla (dal 2 al 3,5%) e ricco di silicati duri, è totalmente incompatibile con la fillossera e favorevole alla conservazione di freschezza e umidità. Per questo motivo il vigneto è interamente a piede franco e per il 90% di età centenaria.
La piovosità annuale è scarsa, compresa tra i 200 e i 400 mm, compensata dall’umidità e dalla rugiada marina che nei mesi estivi depositano sulle foglie e sul suolo una quantità di acqua sufficiente alla sopravvivenza delle piante. Una condizione comunque al limite, aggravata dalla presenza di venti che talvolta diventano violenti, arrivando a danneggiare le gemme e i tralci più giovani.
IL SISTEMA DI ALLEVAMENTO
l'ambelia (o alberello "a corona") è la forma di allevamento che dall'antichità si tramanda a Santorini. Diffuso su tutta l'isola, l'ambelia è prevalentemente utilizzato per l'assyrtiko, la varietà a bacca bianca che domina (con una percentuale vicina all'80%) la viticoltura del luogo. Dotato di un tronco pressoché inesistente, la sua potatura prevede l'eliminazione di tutti i tralci ad eccezione dei tre migliori, lunghi poco più di mezzo metro e possibilmente equidistanti; si lega il primo al secondo, il secondo al terzo e il terzo al primo, dando origine a una corona che si adagia direttamente sul terreno. Ripetendo questa operazione, anno dopo anno, si ottiene una sorta di spirale che viene rinnovata interamente a seconda dell'andamento della pianta. Con questa potatura si punta a proteggere il più possibile i grappoli dalla costanza e tenacia del vento che qui soffia ininterrottamente e che (insieme alla siccità) causa rese anche inferiori ai 10 hl/ettaro. Vengono usate, tuttavia, anche forme di allevamento diverse, tra cui l’alberello classico (con tre o cinque speroni) più facilmente sostenuto dal filare e campi sperimentali in cui il piede viene innalzato a 50/60 cm dal suolo. L'incompatibilità tra la natura vulcanica del suolo e lo sviluppo della fillossera è uno dei motivi che ha permesso al patrimonio di conservarsi nel tempo nonostante una manutenzione spesso "occasionale".
L’AMPELOGRAFIA E LE TIPOLOGIE DI VINO
Il patrimonio ampelografico dell’isola è rigoglioso e conta una cinquantina di varietà. Tuttavia, tra quelle utilizzate per la produzione del vino è importante conoscere le seguenti: assyrtiko, athiri e aidani per le vinificazioni in bianco, mandilaria, mavrotragano, voudomato e mavrathiro (o Athiri nero) per le vinificazioni in rosso.
L’assyrtico è il principale vitigno dell’isola, occupante il 70% del vigneto di Santorini. E’ un vitigno qualitativo, resistente alla siccità e alla malattie, in grado di raggiungere facilmente una gradazione alcolica elevata (15/16°), conservando una spiccata acidità (PH da 2,8 a 3,2). Predilige le vinificazioni in bianco e l’affinamento in acciaio, in modo da esaltare tutto il proprio lato salino, delicatamente erbaceo e mentolato. La bocca conserva una spiccata acidità (tartarica), coadiuvata da una sapidità che stimola il sorso e veicola il sapore del mare.
Attualmente sono disciplinati esclusivamente i vini “bianchi”.
CONSIGLI UTILI PER CHI SI TROVA SULL’ISOLA
La ristorazione isolana è quasi totalmente ad appannaggio di un turismo “disinteressato”, cosa che rende tutt’altro che semplice destreggiarsi tra la moltitudine di proposte trascurabili nella speranza di incappare fortunosamente in uno dei pochi, pochissimi locali a cui valga la pena dare fiducia. Un problema che si acutizza nei due principali centri abitati dell’isola, Oia (pronuncia ia) e Fira (conosciuta anche come Thira). Pertanto il suggerimento è quello di provare a scovare le tracce degli indigeni e non essere comunque troppo pretenziosi. Archiviata questa dovuta premessa, riporto di seguito qualche consiglio utile.
La migliore “tavola” greca si è rivelata quella del ristorante RAKI di Megalochori, un locale tranquillo dall’atmosfera piacevolmente naif, aperto a pranzo e a cena, i cui tavoli giacciono all’ombra di un pergolato rallegrato da una splendida bouganville e il cui segreto risiede nella semplicità e nella buona materia prima. Rimanendo a debita distanza dal caos turistico tipico di Fira e dalle sue serate in stile “Rimini anni Novanta”, se avete voglia, invece, di qualcosa di più sofisticato e formale, la scelta potrebbe ricadere sul ristorante SELENE di Pyrgos, a cinque chilometri a sud del capoluogo, che propone una cucina creativa e al contempo leggera e pulita. Per un aperitivo o un dopo cena nella scenografica e suggestiva Oia, non potete esimervi dal sostare al METEOR CAFE’, un locale ameno e rasserenante, con musica jazz in sottofondo a tenervi costante compagnia.
RISTORANTE RAKI, MEGALOCHORI, TEL. 0030 22860 81724
RISOTRANTE SELENE, PYRGOS, TEL. 0030 22860 22249
METEOR CAFE’, OIA, TEL 0030 22860 71015
Contributo prezioso all'esperienza in loco è l’esaustivo articolo di Samuel Cogliati, pubblicato su Porthos 26.
LA STORIA
SANTORINI è l’isola più meridionale e più vasta tra le dodici che compongono l'arcipelago delle Cicladi, nel cuore del mare Egeo, a nord di Creta. Si tratta di un'isola vulcanica, sventrata nel 1627 a.C. dalla più imponente eruzione che sia stata mai documentata in Europa. Un cataclisma che ne ha radicalmente modificato la morfologia, trasformando il suo originario perimetro circolare nell’attuale caratteristica forma a spicchio di luna.
I primi popolamenti risalgono presumibilmente al quinto millennio a.C., mentre le prime testimonianze sulla presenza della viticoltura (come dimostrano gli scavi nella città di Akrotiri) risalgono al secondo millennio a.C.. Da questo momento fino alla metà del XIX secolo la viticoltura di Santorini vive un periodo di espansione, inizialmente come fonte di sostentamento per compensare l’assenza di acqua potabile, successivamente come principale fonte di reddito dell’isola. Il più prestigioso vino isolano dell’epoca è il vino-santo che, in particolar modo sul finire del Medioevo, inizia ad avere richieste dai ceti abbienti di tutta Europa e specialmente della Russia.
L’entomologo e botanico francese Guillaume-Antoine Olivier, al rientro da una spedizione in Medio Oriente sul finire del XVIII secolo lo descrive così: “E’ dolce, liquoroso, e di qualità mediocre il primo anno. Diventa molto buono invecchiando e da preferirsi al miglior vino di Cipro, viene quasi interamente venduto in Russia.... E’ fatto con uva bianca ben matura, che viene esposta per otto giorni al sole, stesa sui terrazzi delle case”.
L’espansione della viticoltura isolana tocca il suo apice nel 1841, quando a Santorini si contano 2 mila ettari di vigneto per una popolazione 13 mila abitanti. A partire dalla metà del XIX secolo l’età dorata dei vini di Santorini si scontra con una concorrenza più agguerrita e con la richiesta di vini secchi, più fini, dalla gradazione alcolica più contenuta. Il vinsanto, prodotto in scarsa quantità, si “riduce” al ruolo di vino da messa degli ecclesiastici e lo splendore della viticultura locale si appanna drammaticamente. Solo nell’ultimo ventennio un manipolo di produttori, animati da un rinnovato spirito imprenditoriale e una più moderna conoscenza delle tecniche produttive, è riuscito a riportare in auge la viticoltura locale, aiutata dall’introduzione di un sistema di denominazioni d’origine (PDO Santorini, Protected Designation Of Origin) e dalla richiesta di un turismo crescente. Quest’ultimo elemento, determinante per la promozione della cultura isolana, rischia tuttavia di mettere a repentaglio la bellezza naturale e architettonica dell’isola, oltre che la conservazione degli usi e costumi più antichi.
IL TERRITORIO
La coltura della vite accompagna l’intera orografia dell’isola, insistendo prevalentemente nei declivi che dalla parete della caldera, sulla costa occidentale, degradano dolcemente verso est, scendendo mediamente dai 350 ai 150 metri sul livello del mare. Il patrimonio viticolo oggi conta complessivamente circa 1200 ettari iscritti alla denominazione di origine (PDO Santorini), riguardante esclusivamente i vini ottenuti dalle uve a bacca bianca. Un vigneto spalmato sui 14 comuni di Santorini e delle due isolette satelliti: Thera e Therasia. Dei 2350 vignaioli che si contano sull’isola, la stragrande maggioranza conferisce le uve alla cantina cooperativa Santo-Wines (850 circa) o ai produttori più importanti.
Il suolo, 100% vulcanico e dall’aspetto prevalentemente sabbioso, è costituito da cenere, pietra pomice e frammenti di lava solidificata, frutto della lavorazione e dell’erosione della roccia madre sottostante. Una roccia dura e compatta, ma altamente friabile, costituita a sua volta da un tufo vulcanico chiamato “andesitico” (identico alla cordigliera delle Ande, ma diverso da quello basaltico dell’Etna). Al di sotto di esso resiste ancora uno strato di calcare e scisti antecedente all’eruzione. La natura del suolo, privo di argilla (dal 2 al 3,5%) e ricco di silicati duri, è totalmente incompatibile con la fillossera e favorevole alla conservazione di freschezza e umidità. Per questo motivo il vigneto è interamente a piede franco e per il 90% di età centenaria.
La piovosità annuale è scarsa, compresa tra i 200 e i 400 mm, compensata dall’umidità e dalla rugiada marina che nei mesi estivi depositano sulle foglie e sul suolo una quantità di acqua sufficiente alla sopravvivenza delle piante. Una condizione comunque al limite, aggravata dalla presenza di venti che talvolta diventano violenti, arrivando a danneggiare le gemme e i tralci più giovani.
IL SISTEMA DI ALLEVAMENTO
l'ambelia (o alberello "a corona") è la forma di allevamento che dall'antichità si tramanda a Santorini. Diffuso su tutta l'isola, l'ambelia è prevalentemente utilizzato per l'assyrtiko, la varietà a bacca bianca che domina (con una percentuale vicina all'80%) la viticoltura del luogo. Dotato di un tronco pressoché inesistente, la sua potatura prevede l'eliminazione di tutti i tralci ad eccezione dei tre migliori, lunghi poco più di mezzo metro e possibilmente equidistanti; si lega il primo al secondo, il secondo al terzo e il terzo al primo, dando origine a una corona che si adagia direttamente sul terreno. Ripetendo questa operazione, anno dopo anno, si ottiene una sorta di spirale che viene rinnovata interamente a seconda dell'andamento della pianta. Con questa potatura si punta a proteggere il più possibile i grappoli dalla costanza e tenacia del vento che qui soffia ininterrottamente e che (insieme alla siccità) causa rese anche inferiori ai 10 hl/ettaro. Vengono usate, tuttavia, anche forme di allevamento diverse, tra cui l’alberello classico (con tre o cinque speroni) più facilmente sostenuto dal filare e campi sperimentali in cui il piede viene innalzato a 50/60 cm dal suolo. L'incompatibilità tra la natura vulcanica del suolo e lo sviluppo della fillossera è uno dei motivi che ha permesso al patrimonio di conservarsi nel tempo nonostante una manutenzione spesso "occasionale".
L’AMPELOGRAFIA E LE TIPOLOGIE DI VINO
Il patrimonio ampelografico dell’isola è rigoglioso e conta una cinquantina di varietà. Tuttavia, tra quelle utilizzate per la produzione del vino è importante conoscere le seguenti: assyrtiko, athiri e aidani per le vinificazioni in bianco, mandilaria, mavrotragano, voudomato e mavrathiro (o Athiri nero) per le vinificazioni in rosso.
L’assyrtico è il principale vitigno dell’isola, occupante il 70% del vigneto di Santorini. E’ un vitigno qualitativo, resistente alla siccità e alla malattie, in grado di raggiungere facilmente una gradazione alcolica elevata (15/16°), conservando una spiccata acidità (PH da 2,8 a 3,2). Predilige le vinificazioni in bianco e l’affinamento in acciaio, in modo da esaltare tutto il proprio lato salino, delicatamente erbaceo e mentolato. La bocca conserva una spiccata acidità (tartarica), coadiuvata da una sapidità che stimola il sorso e veicola il sapore del mare.
Attualmente sono disciplinati esclusivamente i vini “bianchi”.
- SANTORINI BIANCO SECCO (PDO SANTORINI): Ottenuto prevalentemente dall’assyrtico (minimo 75%), può essere tagliato con athiri e aidani singolarmente o congiuntamente per un massimo del 25%. Le uve, come per tutti i bianchi, sono raccolte la sera. Il grado alcolico minimo deve essere di 12% (zucchero minimo 204 gr./lt.)
- NYCHTERI (PDO SANTORINI): Si tratta del vino tradizionale dell’isola, le cui uve sono normalmente raccolte surmature per avere un alcool potenziale compreso tra i 14 e 16 gradi e un residuo zuccherino percettibile. Viene affinato in legno.
- VINSANTO BIANCO (PDO SANTORINI): Vino dolce naturale (senza aggiunta di alcool e quindi non liquoroso), le cui uve vengono raccolte surmature e lasciate ad appassire su teli per 8-12 giorni. E’ il vino che ha reso celebre l’isola durante il Medioevo. Oggi il tenore minimo di alcool consentito è pari a 8°, mentre il tenore minimo di zuccheri dopo la fermentazione è di 103 grammi/litro. Le migliori versioni presentano una concentrazione zuccherina compresa tra i 340 e i 500 grammi/litro. L’affinamento minimo è di 24 mesi, anche se la maggior parte dei Vinsanto sono messi in commercio dopo cinque anni.
- VINSANTO BIANCO MEZZO (PDO SANTORINI): Si tratta di una versione meno reperibile sul mercato e meno dolce di Vinsanto, che può vantare un residuo zuccherino massimo di 160 grammi/litro.
- VINSANTO ROSSO (VINO DA TAVOLA): Vino raro privo al momento di una normativa (per questo esce come vino da tavola), che può essere prodotto parzialmente con i tre vitigni a bacca bianca (al massimo per un 50%). Le soglie di dolcezza sono inferiori alla versione bianca di circa un 15%. L’invecchiamento minimo è di 36 mesi.
- SANTORINI ROSSO (VINO DA TAVOLA): Vino rosso secco a base di mavrotragano, mandilaria e voudomato.
CONSIGLI UTILI PER CHI SI TROVA SULL’ISOLA
La ristorazione isolana è quasi totalmente ad appannaggio di un turismo “disinteressato”, cosa che rende tutt’altro che semplice destreggiarsi tra la moltitudine di proposte trascurabili nella speranza di incappare fortunosamente in uno dei pochi, pochissimi locali a cui valga la pena dare fiducia. Un problema che si acutizza nei due principali centri abitati dell’isola, Oia (pronuncia ia) e Fira (conosciuta anche come Thira). Pertanto il suggerimento è quello di provare a scovare le tracce degli indigeni e non essere comunque troppo pretenziosi. Archiviata questa dovuta premessa, riporto di seguito qualche consiglio utile.
La migliore “tavola” greca si è rivelata quella del ristorante RAKI di Megalochori, un locale tranquillo dall’atmosfera piacevolmente naif, aperto a pranzo e a cena, i cui tavoli giacciono all’ombra di un pergolato rallegrato da una splendida bouganville e il cui segreto risiede nella semplicità e nella buona materia prima. Rimanendo a debita distanza dal caos turistico tipico di Fira e dalle sue serate in stile “Rimini anni Novanta”, se avete voglia, invece, di qualcosa di più sofisticato e formale, la scelta potrebbe ricadere sul ristorante SELENE di Pyrgos, a cinque chilometri a sud del capoluogo, che propone una cucina creativa e al contempo leggera e pulita. Per un aperitivo o un dopo cena nella scenografica e suggestiva Oia, non potete esimervi dal sostare al METEOR CAFE’, un locale ameno e rasserenante, con musica jazz in sottofondo a tenervi costante compagnia.
RISTORANTE RAKI, MEGALOCHORI, TEL. 0030 22860 81724
RISOTRANTE SELENE, PYRGOS, TEL. 0030 22860 22249
METEOR CAFE’, OIA, TEL 0030 22860 71015
Contributo prezioso all'esperienza in loco è l’esaustivo articolo di Samuel Cogliati, pubblicato su Porthos 26.