IL CHIANTI CLASSICO ALLA PROVA DEL 2014

IL CHIANTI CLASSICO ALLA PROVA DEL 2014
Mi sono congedato dal Chianti Classico a novembre del 2014, all’alba della “Gran Selezione” e al crepuscolo di una delle vendemmie più complicate delle ultime due decadi. A distanza di quasi tre anni, e con i vini di quel vituperato millesimo finalmente sul mercato, sembra giunta l’ora per qualche breve considerazione.

La prima riflessione spetta di diritto al millesimo che più di qualsiasi altro ha registrato da parte della stampa una corsa alla primogenitura del massacro: il 2014. Una vendemmia condannata mediaticamente con largo anticipo rispetto all’uscita dei vini in commercio, come eco di uno sconforto piuttosto generalizzato e sensazionalista, che oggi, calice alla mano, almeno nel Chianti Classico pare sia stato quanto meno azzardato.

Non vi è dubbio che si tratti di un millesimo tormentato, nel quale i vignaioli hanno dovuto fronteggiare l’attacco a più riprese dei parassiti fungini (peronospora, oidio e botrite), innescati dalle frequenti piogge e da una scarsa luminosità. Due elementi che si sono protratti per tutto il ciclo vegetativo, senza allentare la morsa in qualche caso neppure durante le fasi di raccolta. Eppure, quello che la didattica invidia all’esperienza è l’impossibilità di tradurre gli eventi sempre e comunque in un’equazione matematica, prevedendo la risposta di una pianta a una singola vendemmia, resa di anno in anno originale dalla memoria in continuo divenire della pianta stessa. Ed è così che un’annata che sulla carta poteva rassegnarsi alle nefaste premesse della vigilia – peraltro come successo in occasione della 2002 - oggi ci sorprende, invece, con diversi vini risolti e di grande fascino. Vini in possesso di uno châssis agile ed elegante, non necessariamente da dimenticare in cantina per un ventennio, ma che sembrano già avere qualcosa in più di annate canicolari (leggi la 2007) meno martoriate dalla stampa: la godibilità.

Al netto di un comparto produttivo sempre più maturo e preparato ad affrontare le bizzarrie climatiche, quello che ha contribuito a raccogliere uve migliori rispetto alle aspettative – almeno dove è stato possibile farlo - è il contesto, caratterizzato da disponibilità d’acqua e clima fresco, in cui la pianta si è ritrovata nei giorni immediatamente successivi alla fioritura. In questa prima fase di accrescimento dell’acino, in cui si assiste alla moltiplicazione cellulare, le condizioni climatiche hanno stimolato l’attività fisiologica della pianta, creando i presupposti per una struttura dell’acino più resistente agli eccessi d’acqua piovana registrati nelle fasi successive, quando l’acino vive la seconda fase di accrescimento, conosciuta come distensione cellulare. L’attività particolarmente prolifica di moltiplicazione cellulare ha impedito uno sviluppo ipertrofico delle cellule, riducendo il rischio di rigonfiamento e rottura dell’acino. A questo proposito i vignaioli intervistati si ricordano ancora la minore integrità delle uve raccolte nell’altrettanto umida vendemmia del 2002, quando la primavera aveva fatto registrare una serie di giornate all’insegna di sole e siccità. Mi piace pensare, senza palesare alcuna ambizione agronomica, che nel 2014 la pianta, sottoposta a ingenti flussi d’acqua da ben prima del risveglio primaverile, abbia scelto di indossare gli stivali per tempo.

Più impreparata rispetto al comparto produttivo sembra, invece, una parte della stampa. La critica tout court dei vini usciti sul mercato in questo millesimo induce a riflettere su quanto il pensiero che ruota attorno al vino, laddove non sia una mera caccia alla primogenitura, sia ancora legato a un modello concentrativo e omologante, retaggio di una mentalità che fatica a leggere il calice come specchio di un’annata agronomica. E anche dove si percepisce la giusta sensibilità interpretativa, non sempre la riconducibilità al luogo e al millesimo di provenienza sembrano tenuti in considerazione quanto i parametri analitici.
Venendo al calice e scendendo nel concreto, ci limitiamo a segnalarvi cinque vini - anche se potrebbero essere molti di più -  prodotti nel Chianti Classico dall’annata 2014 che non dovete assolutamente lasciarvi scappare (ordinamento casuale):
  • CHIANTI CLASSICO RISERVA CAPARSINO 2014 CAPARSA – Anche se in etichetta è definito come “Il chiantino nobile contadino…..”, quello nel calice è tutt’altro che un vino semplice e sprovveduto. Quello di Paolo Cianferoni è piuttosto un Sangiovese spontaneo e disinvolto, da bere a grandi sorsi.  
  • CHIANTI CLASSICO 2014 ISTINE – Un Chianti Classico veramente gustoso, dallo stile polputo e selvatico, che personalmente ho trovato persino più convincente delle selezioni che la giovane e dinamica Angela Fronti ricava dalle vigne curate a Radda e a Gaiole.
  • CHIANTI CLASSICO 2014 ISOLE E OLENA – Rimanere tanti anni al vertice qualitativo della denominazione non è semplice, soprattutto se lo si fa con quello che sulla carta si presenta come il vino di ingresso aziendale. Il loro Chianti Classico d’annata è l’ennesima prova di carattere della famiglia De Marchi.
  • CHIANTI CLASSICO RISERVA BUGIALLA 2014 FATTORIA POGGERINO – Ogni volta che assaggio i vini di Piero Lanza rafforzo la convinzione che in ciascun vino si ritrovi il proprio artefice. Così il Bugialla 2014 è un raro esempio di discrezione e compostezza, ma anche di profondità e articolazione.
  • TOSCANA IGT LE TRAME 2014 PODERE LE BONCIE – Sono oramai quattro anni che Giovanna Morganti non presenta più il proprio vino alla commissione della DOCG, ma nonostante questo il suo “Le Trame” non ha mai smesso di promuovere questo territorio. Il 2014 è un vino introspettivo e colmo di energia saporita.