IL MIO 2017 IN VALIGIA E UN BIGLIETTO DI SOLA ANDATA
di FILIPPO APOLLINARI - 30 dicembre 2017
Il silenzio fragile di una delle ultime albe dicembrine e il metronomico ticchettìo dell’orologio mi accompagnano nella stesura di qualche considerazione disordinata su un duemiladiciassette in frenata verso il capolinea. A meno di sorprendenti finali cameroniani in stile Strange Days (link), lo ricorderò come un anno di luci e ombre, di sfumature pacate dai toni pastello, ma anche di inquietanti e trumpiane tonalità arancioni.
E’ stato l’ennesimo anno passato tra vigne e vignaioli, incontri e scontri, sorprese e conferme, amici ritrovati e rami potati nel nome delle attese deluse (link). Con i suoi traguardi, raggiunti e mancati, è stato l’ennesimo anno vissuto.
Sportivamente parlando lo ricorderò come l’anno della mancata qualificazione ai mondiali di calcio in Russia del 2018, una Caporetto calcistica che non si verificava da sessant’anni (Svezia 1958) e che ci priva di uno di quei pochi eventi che ancora oggi fanno dell’Italia un Paese meno lungo e stretto di quello che è nella realtà quotidiana. A tenere alto il tricolore ci ha pensato fortunatamente Federica Pellegrini (link), che a Budapest, il 26 luglio, si è confermata come la regina indiscussa dei 200 metri in stile libero. 7 medaglie, di cui tre d’oro, in altrettante edizioni consecutive dei campionati mondiali. Nessuna come lei.
Eppure, l’evento che maggiormente ha catalizzato la mia attenzione sportiva è stato il ritorno del “Fedal”, il dualismo tra i più grandi giocatori di tennis di tutti i tempi: Roger Federer e Rafael Nadal. Archetipo di eleganza e levità il primo, modello di perseveranza e dedizione il secondo. Iniziato a gennaio sotto i migliori auspici con la finale agli Australian Open - una partita adrenalica (link) vinta da un Federer ultraterreno – l’anno è proseguito con la décima dello spagnolo al Roland Garros e si è concluso con un’equa spartizione dei quattro titoli dello Slam.
In ambito musicale sarà l’anno della scomparsa, in tremenda quanto rapida successione, di Chris Cornell e Chester Bennington, rispettivamente voci dei Sound Garden e dei Linkin Park, ingoiati da quel Black Hole Sun (link) che spesso accompagna le sensibilità più travagliate. Ma sarà anche l’anno del ritorno dei Guns n’ Roses a Imola (o almeno di tre su cinque esponenti della formazione originaria), per un concerto che non farà scemare il ricordo del Live at The Ritz (link) del 1988 (reggetevi forte e fate attenzione al minuto 5,36!), ma che contrariamente alle malelingue è stato un vero e puro momento di rock.
E sul vino? Sul vino rimane da raccontare di alcune visite tutte romagnole svolte in un’estate rovente, che – per dirla con le parole di Manuel Agnelli (link) – mi è colata letteralmente tra le gambe.
Riparto da quell’Eppur si muove di Lucio Fossati dedicato a chi ha la forza di cambiare rotta. Nell’occasione la dedica era per Chiara Condello dell’azienda Condè che, con i 2015, ha eseguito un’inversione di rotta all’insegna di una maggiore sensibilità estrattiva e una migliore lettura del territorio. Tra le etichette assaggiate, seppur con pochi mesi di vetro sulle spalle, spiccano il Romagna Sangiovese Predappio e Le Lucciole. Due vini che soprattutto al palato si muovono con garbo e sensualità.
Oggi la dedica è, invece, per un’altra quota rosa del comparto vitivinicolo romagnolo, Elisa Mazzavillani, che ha preso per mano l’azienda di famiglia, Marta Valpiani, e le ha donato un’identità precisa e autorevole. A Castrocaro Terme, tra calanchi, crete azzurre e Spungone, Elisa ha disegnato una linea agile nel portamento e attuale nella veste. Il suo Romagna Sangiovese Castrocaro e Terra del Sole “Crete Azzurre” 2015 è uno dei migliori assaggi romagnoli di questo 2017.
Sguardo paterno, voce pacata e una capacità insolita di pesare ogni parola, Paolo Francesconi è l’esempio del vignaiolo che vorrei come ambasciatore del nostro territorio. Biologico dal 1992 e biodinamico dal 2002, non ama le “curve” e le tifoserie, questo basta per equipararlo a un raggio di sole nell’oscurità. L’intera gamma è una sicurezza per “tecnici” e avventori, bianchi e rossi, macerati e non. Su tutti, al netto delle chiusure (vetro o sughero), l’albana vinificata in bianco Vite in Fiore 2016 e il Romagna Sangiovese Superiore “Limbecca” 2016, un Sangiovese vero, un Sangiovese che sa di Romagna.
Sotto la linea dei calanchi, insieme ai vini di Paolo, mi porto nel 2018 il Romagna Sangiovese Oriolo 2016 della rinnovata azienda I Sabbioni; un vino che nasce su molasse (sabbie) purissime color ocra e che svela un frutto croccante e un portamento composto e salato.
Occhio sveglio, battuta sempre pronta e un talento per la fotografia degna di Elliot Erwitt, Stefano Berti incarna con personalità la seconda generazione di vignaioli romagnoli. Nella sua base operativa di Ravaldino in Monte, vi accoglie tra grandi classici e sperimentazioni mai banali. Il suo Romagna Sangiovese Predappio Riserva “Calisto” 2013 è un esempio di potenza e controllo, nonché una delle migliori interpretazioni mai assaggiate.
Nella sfera dei 2014 - annata di cui si è parlato decisamente troppo e spesso a sproposito, denigrandola – cito tre vini, nella speranza riusciate ad assaggiarli senza pregiudizi: Romagna Sangiovese Riserva “I Probi” di Villa Papiano; Ravenna Sangiovese IGT “Poggio Tura” di Vigne dei Boschi; Ravenna Sangiovese IGT “GS” di Costa Archi.
Questi gli altri vini che mi porterò nel 2018:
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Citazioni e link:
Strange Days - regia di Kathryn Bigelow, Scritto e prodotto da James Cameron (1995)
Nel nome delle attese deluse - Blastema
Federica Pellegrini - Medaglia d'Oro ai Mondiali di nuoto di Budapest (2017)
Highlights Finale Australian Open (2017)
Black Hole Sun - Sound Garden, Superunknown (1994)
Guns n' Roses - Live at the Ritz (1988)
L'Estate - Afterhours, Non è per sempre (1999)
E’ stato l’ennesimo anno passato tra vigne e vignaioli, incontri e scontri, sorprese e conferme, amici ritrovati e rami potati nel nome delle attese deluse (link). Con i suoi traguardi, raggiunti e mancati, è stato l’ennesimo anno vissuto.
Sportivamente parlando lo ricorderò come l’anno della mancata qualificazione ai mondiali di calcio in Russia del 2018, una Caporetto calcistica che non si verificava da sessant’anni (Svezia 1958) e che ci priva di uno di quei pochi eventi che ancora oggi fanno dell’Italia un Paese meno lungo e stretto di quello che è nella realtà quotidiana. A tenere alto il tricolore ci ha pensato fortunatamente Federica Pellegrini (link), che a Budapest, il 26 luglio, si è confermata come la regina indiscussa dei 200 metri in stile libero. 7 medaglie, di cui tre d’oro, in altrettante edizioni consecutive dei campionati mondiali. Nessuna come lei.
Eppure, l’evento che maggiormente ha catalizzato la mia attenzione sportiva è stato il ritorno del “Fedal”, il dualismo tra i più grandi giocatori di tennis di tutti i tempi: Roger Federer e Rafael Nadal. Archetipo di eleganza e levità il primo, modello di perseveranza e dedizione il secondo. Iniziato a gennaio sotto i migliori auspici con la finale agli Australian Open - una partita adrenalica (link) vinta da un Federer ultraterreno – l’anno è proseguito con la décima dello spagnolo al Roland Garros e si è concluso con un’equa spartizione dei quattro titoli dello Slam.
In ambito musicale sarà l’anno della scomparsa, in tremenda quanto rapida successione, di Chris Cornell e Chester Bennington, rispettivamente voci dei Sound Garden e dei Linkin Park, ingoiati da quel Black Hole Sun (link) che spesso accompagna le sensibilità più travagliate. Ma sarà anche l’anno del ritorno dei Guns n’ Roses a Imola (o almeno di tre su cinque esponenti della formazione originaria), per un concerto che non farà scemare il ricordo del Live at The Ritz (link) del 1988 (reggetevi forte e fate attenzione al minuto 5,36!), ma che contrariamente alle malelingue è stato un vero e puro momento di rock.
E sul vino? Sul vino rimane da raccontare di alcune visite tutte romagnole svolte in un’estate rovente, che – per dirla con le parole di Manuel Agnelli (link) – mi è colata letteralmente tra le gambe.
Riparto da quell’Eppur si muove di Lucio Fossati dedicato a chi ha la forza di cambiare rotta. Nell’occasione la dedica era per Chiara Condello dell’azienda Condè che, con i 2015, ha eseguito un’inversione di rotta all’insegna di una maggiore sensibilità estrattiva e una migliore lettura del territorio. Tra le etichette assaggiate, seppur con pochi mesi di vetro sulle spalle, spiccano il Romagna Sangiovese Predappio e Le Lucciole. Due vini che soprattutto al palato si muovono con garbo e sensualità.
Oggi la dedica è, invece, per un’altra quota rosa del comparto vitivinicolo romagnolo, Elisa Mazzavillani, che ha preso per mano l’azienda di famiglia, Marta Valpiani, e le ha donato un’identità precisa e autorevole. A Castrocaro Terme, tra calanchi, crete azzurre e Spungone, Elisa ha disegnato una linea agile nel portamento e attuale nella veste. Il suo Romagna Sangiovese Castrocaro e Terra del Sole “Crete Azzurre” 2015 è uno dei migliori assaggi romagnoli di questo 2017.
Sguardo paterno, voce pacata e una capacità insolita di pesare ogni parola, Paolo Francesconi è l’esempio del vignaiolo che vorrei come ambasciatore del nostro territorio. Biologico dal 1992 e biodinamico dal 2002, non ama le “curve” e le tifoserie, questo basta per equipararlo a un raggio di sole nell’oscurità. L’intera gamma è una sicurezza per “tecnici” e avventori, bianchi e rossi, macerati e non. Su tutti, al netto delle chiusure (vetro o sughero), l’albana vinificata in bianco Vite in Fiore 2016 e il Romagna Sangiovese Superiore “Limbecca” 2016, un Sangiovese vero, un Sangiovese che sa di Romagna.
Sotto la linea dei calanchi, insieme ai vini di Paolo, mi porto nel 2018 il Romagna Sangiovese Oriolo 2016 della rinnovata azienda I Sabbioni; un vino che nasce su molasse (sabbie) purissime color ocra e che svela un frutto croccante e un portamento composto e salato.
Occhio sveglio, battuta sempre pronta e un talento per la fotografia degna di Elliot Erwitt, Stefano Berti incarna con personalità la seconda generazione di vignaioli romagnoli. Nella sua base operativa di Ravaldino in Monte, vi accoglie tra grandi classici e sperimentazioni mai banali. Il suo Romagna Sangiovese Predappio Riserva “Calisto” 2013 è un esempio di potenza e controllo, nonché una delle migliori interpretazioni mai assaggiate.
Nella sfera dei 2014 - annata di cui si è parlato decisamente troppo e spesso a sproposito, denigrandola – cito tre vini, nella speranza riusciate ad assaggiarli senza pregiudizi: Romagna Sangiovese Riserva “I Probi” di Villa Papiano; Ravenna Sangiovese IGT “Poggio Tura” di Vigne dei Boschi; Ravenna Sangiovese IGT “GS” di Costa Archi.
Questi gli altri vini che mi porterò nel 2018:
- Romagna Sangiovese Superiore “Le Papesse” 2016 Villa Papiano
- Forlì Sangiovese IGT “Badia Raustignolo” 2011 Il Pratello
- Arcaica 2016 Paolo Francesconi
- Romagna Albana Secco “Fiorile” 2016 Fondo San Giuseppe
- Ravenna Bianco IGT “Ciarla” 2016 Fondo San Giuseppe
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Citazioni e link:
Strange Days - regia di Kathryn Bigelow, Scritto e prodotto da James Cameron (1995)
Nel nome delle attese deluse - Blastema
Federica Pellegrini - Medaglia d'Oro ai Mondiali di nuoto di Budapest (2017)
Highlights Finale Australian Open (2017)
Black Hole Sun - Sound Garden, Superunknown (1994)
Guns n' Roses - Live at the Ritz (1988)
L'Estate - Afterhours, Non è per sempre (1999)