IL VALORE DELL’ALTERNATIVA, ASSAGGI E RIFLESSIONI

IL VALORE DELL’ALTERNATIVA, ASSAGGI E RIFLESSIONI
Un po’ Indiana Jones e un po’ Highlander, questo fine settimana l’ho passato a riordinare il caos sistematico che regna costantemente sulla mia scrivania. Tra fogli, fogliettini, post it colorati e raccoglitori di varie dimensioni e provenienza, mi sono imbattuto negli appunti di viaggio raccolti durante l’ultima eno-maratona veneta.

Rileggendoli, oltre alla maturata consapevolezza di esserne uscito sorprendentemente incolume anche quest’anno (cosa tutt’altro che scontata!) – e infischiandomene del tempo trascorso – ho pensato di riproporre una regressione lucida di quanto vissuto e assaggiato in balia dei tre “saloni” primaverili dedicati al movimento del vino: Vinitaly, Viniveri e Vinnatur.

A chi ancora non considera adeguatamente Vinnatur e ViniVeri da veterano della tripletta veneta rivolgo una semplice considerazione preliminare: le voci narranti che impreziosiscono il variopinto quadro nazionale del vino sono tante, diverse, contrapposte e giustamente distanti nelle strategie di comunicazione. Neppure un evento come il Vinitaly può essere un contenitore esaustivo, tantomeno esclusivo. E’ anche per questo motivo che Viniveri e Vinnatur sono qualcosa di più di due saloni accessori al Vinitaly. Si tratta di contesti in cui il rapporto tra produttore e operatore/appassionato ritrova una dimensione paritaria, popolare, confidenziale. Un’interazione che arricchisce l’assaggio con un valore umano che spesso al Vinitaly viene trascurato. E’ così che si riporta l’enfasi sul valore della condivisione.

LA PASSIONE

La mia “tre giorni” veneta, non solo per questioni logistiche, è iniziata come di consueto da Cerea, in provincia di Verona, con la tredicesima edizione di “ViniVeri – vini secondo natura”, il salone organizzato dall’omonimo consorzio (www.viniveri.net) che per primo ha dato voce all’artigianato del vino in Italia. La manifestazione si svolge oramai tradizionalmente presso “La Fabbrica”, uno stabile che fino agli anni Sessanta ha ospitato un’azienda produttrice di concimi chimici. Al di là del valore simbolico della location, ViniVeri è, tra le tre manifestazioni, quella che offre le migliori condizioni di assaggio e quella in cui si riesce a rapportarsi meglio con i produttori. Ecco alcuni dei miei migliori assaggi (ordine casuale):

LAUNEGILD IGT (CHARDONNAY) 2014 DE FERMO
Varietale e territorio fusi alla perfezione. Bocca tesa e salina. Ha lineamenti montani e carattere marino. Nessuna sbavatura alcolica e sapore in crescita. Alla faccia di chi sostiene che lo chardonnay è sempre omologante e noioso.

LANGHE NEBBIOLO 2014 GIUSEPPE RINALDI
Storicamente prodotto dalla menzione Ravera, il Langhe nebbiolo di Giuseppe “citrico” Rinaldi nella versione 2014 si presenta croccante e saporito. Un nebbiolo che schiocca al palato, da bere a grandi, grandissimi sorsi. Un pizzico di carne e tanto frutto rosso, giovanile e aereo. Evoca la splendida versione del 2004, ma con un saldo aggiuntivo di bevibilità.

BAROLO OTIN FIORI PIE’ FRANCO 2011 DR. GIUSEPPE CAPPELLANO
Un vino solido, proprio quanto lo devono essere quelli che provengono dalla menzione Gabutti. Al naso apre con un tocco terroso, un frutto leggero e un agrume che stimola la beva. Una splendida versione di Piè Franco, più nitido e solare del solito. Bravo Augusto…….e quanto amo l’annata 2011 a Barolo!

CARSO VITOVSKA 2013 SKERLJ
Tre settimane di macerazione che non fanno altro che esaltare il connubio tra la vitovska e il Carso. Un vino che al palato innesca la quarta; il sapore si allunga tra tannicità e sale marino. Supera la memoria. 

MONTEPULCIANO D’ABRUZZO PRAESIDIUM 2011 PRAESIDIUM
Anche se l’assaggio è stato veloce l’impressione destata è quella di un grande Montepulciano d’Abruzzo. Meno esplosivo del 2010, rispetto al quale mostra comunque maggiore beva, e più ricamato e saporito del nervoso 2009. Un vino che sa di resina di pino, ricco e materico, ma anche dal sorso teso e invitante. Finale accogliente.

Il secondo giorno dell'eno-trasferta veneta mi ha aperto le porte di Villa Favorita 2016, l’evento di riferimento di VinNatur (www.vinnatur.org), l’associazione voluta con forza dal “dissidente” e carismatico Angiolino Maule, sostenuto in questa avventura dall’intera famiglia. La splendida residenza seicentesca di Monticello di Fara sembra essere attualmente il contenitore più ricco di sfumature - talvolta anche sgargianti! – dell’emisfero artigianale. L’energia e l’entusiasmo che animano le varie sale della villa, disposte su due livelli, stanno catalizzando la schiera più folta di sostenitori del “naturale”. Veramente una gioia partecipare. Complimenti alla solare Laura Sbalchiero che ne cura brillantemente la comunicazione. Ecco alcuni dei miei migliori assaggi (ordine casuale):

IL ROSSO DA TAVOLA (L.2015) CANTINA COLLECAPRETTA
E’ facile fare i vini buoni dalle vigne meglio esposte e con le uve migliori. Quello che risulta meno semplice è certamente produrre un “grande” vino con le uve “meno ambiziose” provenienti dai rattoppi di vigneti. Beh, a casa Mattioli sono riusciti anche in questa impresa. Troppo facile parlare del Terra dei Preti (che nella versione 2015 appare più glicerico ed esotico) o del Galantuomo 2014, Barbera vera. Piuttosto preferisco spendere due parole per il loro vino d’ingresso, quello che una volta sarebbe stato un vino da tavola e che oggi è “semplicemente” un vino rosso da uve sangiovese, merlot e barbera. Un vino da bere a secchiate e tutt’altro che prevedibile. Bravi.

SICILIA ROSSO IGT PORCARIA-FEUDO DI MEZZO 2014
Quella presentata da Frank Cornelissen è stata probabilmente la migliore “batteria” delle tre giornate. Due i vini che mi hanno particolarmente suscitato sensazioni positive tra quelli presentati, entrambi da nerello, entrambi del 2014: il Feudo di Mezzo-Porcaria e Le Vigne Alte, quest’ultimo ottenuto dall’assemblaggio delle tre vigne aziendali più alte, tra gli 800 e i 900 m/slm: Barbabecchi, Monte Dolce e Tartaraci. Se feudo di Mezzo mostra un attacco delicato e setoso e un allungo saporito ed elegante, Le Vigne Alte mostra un naso pirico e una bocca più tesa e puntellata nel tannino.

SICILIA IGT GRILLO INTEGER 2014 MARCO DE BARTOLI
Un vino che porta con sé il Mediterraneo. Calibrato nella gestione delle bucce ma esplosivo nell’allungo salino. Agrumi, ginepro, eucalipto, erica, rosmarino e una quintalata di iodio sono solo le prime percezioni che escono dal bicchiere. Un quadro vorticoso che capta tutta la concentrazione necessaria a percepirne le sfumature. La bocca è saporita e lunga, con una lieve tannicità che gioca con il sale.

LA BIANCARA
Doverosi passaggio e citazione dei vini de La Biancara dei Maule, i padroni di casa, che con l’intera gamma (ad eccezione del Pico, non presentato) hanno impreziosito la rassegna. Vini solidi, che trasmettono in modo preciso la fedeltà territoriale e una crescente godibilità finale.
 
Il terzo giorno sono risuscitato…..non proprio, ma per far fronte al pachidermico Vinitaly ho dovuto raccogliere tutte le energie disponibili nel cosmo. E questo nonostante la sorte mi abbia praticamente investito dei panni di Mosè, liberandomi la strada dalle chilometriche file che in passato mi hanno spinto più di una volta a ripromettermi (invano) di saltare la fiera principale. Miracolo che si è ripetuto anche all’uscita.
Gli assaggi sono stati tanti e disparati, concentrati soprattutto nella troppo stipata area VIVIT (Vigne e Vgnaioli e Terroir), dedicata agli artigiani, e nel confinante settore della FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti). ViVit è la scaltra risposta del Vinitaly a Vinnatur e ViniVeri. Un settore troppo limitato per accogliere, quasi per intero, i cataloghi delle due distribuzioni nazionali maggiormente incentrate sul ruolo dell’artigiano: “Triple A” di Velier e Les Caves de Pyrene. Difficile la deambulazione, impossibile prendere appunti. Questi i tre assaggi che ricordo ancora oggi.
 
FRANCIACORTA BRUT SATEN N.M. CORTE FUSIA (FIVI)
Ne faranno di strada Gigi Nembrini e Daniele Gentile, almeno se continuano con il piglio dimostrato da questo Saten non dosato. Uno chardonnay in purezza che mi riconcilia con una tipologia spesso foriera di zuccheri e dolcezze stancanti. Tensione, ampiezza aromatica e territorialità. Favoloso.
 
MARCHE BIANCO IGT IL SAN LORENZO 2002 FATTORIA SAN LORENZO (VIVIT, LES CAVES DE PYRENE)
110 mesi sui suoi lieviti, passati alternativamente in acciaio e cemento, nessuna traccia di legno. Ecco come è nato uno dei miei vini bianchi dell’anno. Un Verdicchio che riscrive, se ce ne fosse ancora bisogno, il potenziale di una varietà che continua a scontare il suo peccato originale all’insegna della diluizione. Note cerealicole, fiori di sambuco, paglia secca e frutto a polpa gialla sono di supporto a una mineralità affumicata. Bocca avvolgente, segnata da un’acidità calorosa che mantiene in equilibrio una struttura solida e armonica. Nuova frontiera.
 
SICILIA IGT FRAPPATO 2014 OCCHIPINTI (VIVIT, TRIPLE A)
E’ un’ovvietà lo so, ma il caldo di questi giorni mi spinge spesso a usare il cestello anche per i vini rossi e questo frappato è il vino rosso che sta continuando ad animare le mie giornate di quest’estate partita così tardivamente. Un vino che canta “Sapore di mare, sapore di sale”, riportando la Sicilia nel calice in una chiave di freschezza e bevibilità inarrestabile.
 
 
Una piccola postilla sul millesimo 2014. Sono sempre più convinto che sul fronte dei bianchi e dei vitigni a bacca rossa tardivi e tenaci quali il nebbiolo, l’annata 2014 regalerà nel tempo diverse sorprese positive e inaspettate. Quei vignaioli che hanno saputo gestire la vigna al meglio sono riusciti a ottenere nella maggior parte dei casi risultati al di sopra delle aspettative. Si tratta di vini verticali, mai a corto di tensione, ma anche caratterizzati da succo e godibilità. Vini “gourmand”, come direbbero i francesi, attuali come direbbero alcuni miei amici. Tantissime le conferme, da nord a sud, dalla Sicilia al Trentino, su entrambi i fronti cromatici. Del 2011 in Langa ho già detto in precedenza, la grande annata che paga lo scotto di venire dopo un’annata pompata (forse precipitosamente) dalla stampa.