IL VINO È UN VALORE REALE CHE CI DA' L'IRREALE. ARTE E VINO: UN CONNUBIO FORTE PIU' DEL TEMPO

IL VINO È UN VALORE REALE CHE CI DA' L'IRREALE. ARTE E VINO: UN CONNUBIO FORTE PIU' DEL TEMPO
Per introdurre questo articolo dedicato al connubio fra arte e vino, che ha affascinato e continua ad affascinare gli artisti di ogni tempo, prendo in prestito una citazione di Luigi Veronelli, uno dei personaggi più eclettici e provocatori dell’enogastronomia e della letteratura italiana. “Il vino è un valore reale che ci dà l’irreale”.

ll vino è un elemento culturale di civilizzazione che esprime una relazione privilegiata ed esclusiva tra l’uomo e la terra: un prodotto dell’intelletto nel quale realtà e concretezza agreste si uniscono all’“irrealtà” di un universo di valori e di suggestioni.Un frutto condiviso che e' figlio della sapienza dell’uomo e della potenza della natura in grado.Un figlio che e' individuo unico e diverso dai genitori ma che sempre veicola una parte della loro identita'.

Il vino, dunque, è di per sé una forma di arte? Assolutamente sì, ma non solo questo. Il vino è storia, filosofia, cinema, musica, letteratura e persino scienza, chimica e matematica.

Ma c’è un ambito della cultura che più di ogni altro ha subito la magia del nettare d’uva e ne ha tratto per secoli viscerale ispirazione: la pittura.

Il vino e la vite sono stati rappresentati in ogni loro aspetto dalla Preistoria ai giorni nostri: dalle scene di vendemmia, ai movimenti conviviali, ai richiami mitologici sacri e profani, ai ritratti e alle scene di genere. Si tratta di temi che hanno avuto grande fortuna nell’arte figurativa e nell’immaginario collettivo.

Nell'antichità, dagli egizi, ai Greci , fino ad arrivare ai Romani, il vino, la vite e l'uva sono associati al tema della vita, della nascita, della rigenerazione dopo la morte, del tempo, del lavoro dell'uomo, ma anche del piacere e dell'ebbrezza. Nella Bibbia si racconta che Noè, uscito dall'arca e con la terra dissodata e sconvolta dal diluvio universale, “piantò una vigna”: dunque la vite è la prima pianta con cui rinasce la Terra. 

Il vino, trasfigurazione simbolica della morte di Cristo nella pittura cristiana


La prassi di investire il vino di complessi simbolismi tocca l’apice nella civiltà e, di conseguenza, nell’arte cristiana. Nei Vangeli il vino diventa il sangue di Gesù, simbolo non più solo della vita, ma anche del sacrificio e della morte del figlio di Dio, e, attraverso questa, via della salvazione del genere umano. L’arte dell’Occidente cristiano correrà sempre su un binario parallelo: da un lato il vino concepito come simbolo della natura, emblema del lavoro dell’uomo e della tradizione vitivinicola antica; dall’altro il vino come rappresentazione simbolica, vestigia della cultura classica e allegoria cristiana. L’importanza di questa bevanda per la religione Cristiana è dimostrato dal fatto che il termine “vino” compare ben 224 volte nella Bibbia.

Nell’ultima cena di Gesù il vino diventa simbolo del sangue di Cristo e viene identificato dai cristiani come "bevanda di salvezza". Ne è un esempio la raffigurazione dell’Ultima cena (1495-1498) di Leonardo Da Vinci, conservata nell'ex-refettorio rinascimentale del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano. In quest’opera, che rappresenta la cena in cui Cristo, secondo le sacre scritture, annuncia il tradimento di  uno dei suoi apostoli, sulla tavola dei commensali compare il pane, fonte essenziale del sostentamento quotidiano, accanto al vino, il surplus che rende il quotidiano festoso e che trasforma la normalità in un’occasione speciale.
 
ARTE E VINO: LEONARDO DA VINCI
 

Il Bacco di Caravaggio e il vino: un capolavoro da degustare, tra sacro e profano

Non mancano nel Seicento le raffigurazioni pittoriche legate al tema pagano del recupero della tradizione classica, di cui protagonista è il dio Bacco.

Anche nel genere del ritratto e della natura morta il vino fa la sua comparsa sotto forma di bottiglia o di bicchiere, come emblema del legame dell’uomo con la terra e la Natura e come simbolo di piacere e divertimento, accanto al gioco e alla musica, senza intenti di condanna alcuna. Un artista fra tutti merita di essere menzionato per il modo sapiente e molto personale in cui ha saputo interpretare il fortunato rapporto fra il vino e l’arte nel Seicento: Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio. Celeberrimo il dipinto intitolato Bacco (1596-1597), oggi conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

In quest’opera Caravaggio ha raffigurato il dio romano Bacco, sintesi emblematica del contrasto tra sacro e profano e interpretazione in chiave moderna del rapporto tra tradizione classica e religiosità cristiana. Attinta dalle consuetudini figurative greco-romane è,
infatti, la maniera, squisitamente “profana”, di rappresentare Bacco, con il capo cinto da una corona di foglie di vite e grappoli maturi a bacca bianca e nera. Le gote e le dita delle mani rubiconde contrastano con il pallore del resto del corpo, ed incarnano l’ebbrezza
festosa di cui il dio era nume protettore.

Oltre a questi riferimenti, è evidente il gusto teatrale, tipico del tempo, e un modo di ritrarre la giovinezza del Bacco che ha una forte connotazione sensuale: un richiamo alla disinibizione che l’alcol accentua nell’uomo. Il vino nel bicchiere, attraversato dalla luce, è estremamente realistico; se ne può vedere il colore, la trasparenza e addiritura le increspature. Molte correnti di pensiero hanno attribuito le increspature del calice alla mano malferma del giovane, forse leggermente ebbro.

Personalmente voglio vedere il giovane Bacco come un novello degustatore, pronto ad assaporare con consapevolezza il nettare servito in quella coppa: le narici dilatate, il moto ondulatorio creato dal lieve movimento circolare atto a sprigionarne gli aromi, le dita che sorreggono il calice nella parte più bassa dello stelo, in modo che la mano non porti altri effluvi al naso.

Retaggio del cattolicesimo e dell’iconografia simbolica liturgica è invece l'offerta della coppa di vino sorretta dalle mani di Bacco, che, ricalcando l'offerta cerimoniale del proprio sangue da parte di Cristo nell'ultima cena diviene poi lo stesso gesto che compie il sacerdote nell'atto di offrire ai fedeli il vin santo. Bacco ci offre il suo vino come Gesu' ci offre il suo sangue per mondarci dai nostri peccati. Nell’attività creativa di Caravaggio l’uva e il vino hanno un ruolo molto importante: in particolare sono le opere giovanili ad esserne maggiormente condizionate. Questo perché l’artista conosceva bene le realtà delle taverne e delle locande del suo tempo e, dunque, risultava maggiormente incline a raffigurare l’aspetto concreto e tattile delle cose del mondo e dei dettagli: ad esempio il gioco della luce sul vino, la trasparenza di bicchieri e caraffe.
 
ARTE E VINO: BACCO
 

Il vino nell’arte moderna e contemporanea


Nelle raffigurazioni pittoriche di epoca moderna domina l’immagine laica del vino come elemento della quotidianità e della vita bucolica. Correva l’anno 1629 quando il pittore spagnolo Diego Velàzquez realizzava Il trionfo di Bacco o Los Borrachos (“Gli ubriachi”), conservato al Museo del Prado di Madrid. L’opera, appartenente al periodo giovanile dell’attività del pittore, si ispira ad una scena in cui alcuni personaggi porgono omaggio ad un giovane seminudo, seduto su una botte di vino. Il suo capo è cinto di foglie di vite, come il Bacco delle rappresentazioni greche e romane.

Ma è il suo aspetto ad essere totalmente diverso: i suoi tratti sono popolani e la sua dimora è l’osteria, non l’Olimpo. I compagni, i contadini del luogo, hanno il volto segnato dalla fatica del vivere, dal lavoro e dal tempo: la terra ha tracciato sulla loro pelle solchi profondi, come fa l’aratro nel terreno. Solo il vino dà loro un momento di ebbrezza e di felicità. L’insieme si distingue per un vibrante realismo. Questo non stupisce affatto, perché Velazquez è il pittore del suo tempo che più di ogni altro è in grado di trasporre sulla tela il gusto di partecipare in modo diretto alle vicende della vita e del presente.
ARTE E VINO: VELAZQUEZ

La sua è una rappresentazione profondamente umanizzata del vino e dei bevitori.

Ma non è solo l’arte spagnola ad essere influenzata da questa immagine del vino. Anche la pittura olandese del ‘600 preferisce scene di vita quotidiana e domestica, artigiani in bottega o contadini nei campi, a soggetti religiosi. Tra il 1658 e il 1660 Jan Vermeer, uno dei pittori olandesi più celebri del tempo, realizza Il bicchiere di vino, conservato al Museo Gemäldegalerie di Berlino.

I protagonisti sono un uomo e una donna. Lui tiene in mano una brocca e guarda lei che termina il suo bicchiere di vino, per poterlo poi riempire nuovamente. Sul tavolo ci sono gli spartiti musicali e sulla sedia uno strumento. Nell’iconografia amorosa del periodo , il binomio musica e vino era molto frequente. La donna sfugge timorosa e ritrosa allo sguardo di lui: il suo volto è quasi del tutto coperto dalla cuffia bianca e dal calice di vino.
 
ARTE E VINO:OLANDA

Un invito moralista al pudore e alla moderazione nell’amore così come nel vino. Il bicchiere di vino è l’elemento centrale del quadro infatti media l’incontro.

L'uomo incoraggia nuovi sorsi per vincere la continenza della donna e questa per contro indugia col calice alla bocca col duplice risultato di evitare una nuova mescita e nascondersi allo sguardo diretto degli occhi dell'interlocutore. La postura dei corpi testimonia il rituale di corteggiamento: l'uomo in piedi propositivo ed avvolgente,la donna seduta leggermente ripiegata su se stessa e con un braccio sinistro in posizione difensiva.

La vendemmia: tra fenomeno sociale e dimensione intima

 
ARTE E VINO: GOYA

L’Autunno è senza dubbio uno dei capolavori del periodo giovanile di Goya, destinato ad adornare la sala da pranzo del Palazzo Reale El Pardo di Carlo III. Stile raffinato, colori luminosi e saturi e composizione triangolare a tema campestre sono gli ingredienti principali di un’opera dall’atmosfera solare e festosa: il protagonista è la stagione dell’Autunno con l’attività emblematica della vendemmia.

Nella cultura del tempo di Goya era questo il momento dell’anno in cui l’aristocrazia castigliana si univa al popolo per celebrare un importante avvenimento del calendario contadino.

Al centro della scena un aristocratico seduto su un muretto, sul quale ha appena appoggiato il suo mantello blu. Porge un grappolo d’uva ad una donna, anch’essa seduta, sul lato opposto. Ai piedi, tra i due personaggi, un bimbo tenta di afferrare l’uva. Una graziosa e giovane popolana, in piedi dietro ai nobili, svetta sulla scena, tenendo fermamente con una mano il cesto colmo di uva appoggiato
sulla sua testa. Alle loro spalle si staglia luminoso e imponente il cielo.

È evidente il tentativo riuscito di Goya di catturare un frammento della vita quotidiana e di trasporlo sulla tela. Poche occasioni come la vendemmia rappresentano in agricoltura un momento di comune festa e di collettiva solidarietà: vale oggi, valeva ancor di più ieri.

In L’Autunno Goya ha reso immortale questo momento centrale della società agricola spagnola, riproponendo lo spaccato incolmabile fra aristocrazia, pronta a gustare i chicchi più succosi del grappolo, e popolo contadino, dedito ad un lavoro paziente e faticoso qual è quello della viticoltura.
ARTE E VINO: VAN GOGH

Profondamente differente è l’interpretazione che della vendemmia ci restituisce uno dei più grandi pittori del nostro tempo, Vincent Van Gogh.

Nella sua opera Il vigneto rosso (1888), conservata al Museo Puskin delle belle arti di Mosca, la vendemmia diventa soggetto ispiratore: il quadro ritrae una giornata di vendemmia tardiva nelle campagne di Arles in Provenza, dove il pittore si era trasferito nel 1888. È passato un secolo dall’opera di Goya e l’approccio con cui Van Gogh si rapporta al tema è più intimistico e riflessivo rispetto a quello socialmente coinvolto del pittore di corte spagnolo.

Protagonisti dell’opera di Van Gogh sono i colori intensi e vividi della campagna provenzale, dominati da un rosso acceso e brillante, che nei tratti più scuri viene naturale accostare al cromatismo del vino. Le donne, chine a lavorare, sono lo specchio umano della fatica e dell’impegno, al tramonto di una giornata di duro lavoro trascorsa nei campi.

Un uomo e la sua bottiglia: la solitudine geometrica di Cézanne

La prossima opera che voglio citare per analizzare il rapporto fra arte e vino è dell’amico/rivale di Vincent Van Gogh: Paul Cézanne. Il titolo è Il bevitore e si trova attualmente al The Barnes Foundation di Meridion in Pennsylvania, USA.

Nel 1890, anno a cui risale la realizzazione dell’opera, nel percorso di ricerca artistica di Cézanne ha già avuto successo quell’idea di ordine geometrico e di armonia compositiva che d’ora in poi lo guiderà: qui l’elemento “vino” e l’elemento “bevitore” sono raffigurati attraverso una modalità pittorica nuova, che tende a scomporre le forme e a scolpirne le masse, attraverso un gioco di volumi e colori differenti.

In particolare la figura del bevitore è come sottratta alla sua umanità: i suoi occhi sono privi di luce, cavi. La bottiglia di vino, caratterizzata da toni molto scuri, equilibra questa figura e gli fa da contrappunto nella scena. Nel contempo però la sua posa meditativa ed assorta sembra trasmettersi al senso di ordine che regola gli elementi del quadro.

Nell’insieme la scena esprime un grande senso di solitudine, in cui l’uomo, come unica compagnia, ha una bottiglia di vino.
 
ARTE E VINO

Negli stessi anni, tra 1881 e il 1882, un altro impressionista, Edouard Manet, ritraeva il bancone di un bar colmo di vini. Anche in questo caso il protagonista è immerso nei suoi pensieri. Si tratta dell’ultima opera dipinta dall’artista prima della sua morte e si intitola Bar delle Folies-Bergere. È conservata al Courtauld Institute Galleries di Londra.

Al centro del quadro vi è una cameriera trasognante ed alienata che attende l’arrivo di qualche avventore. Il suo sguardo è assente, incurante del rumore che la circonda, dato dal chiacchiericcio della folla presente nel locale. Per Manet questo quadro è una sorta di testamento artistico, perché ne mostra l’evoluzione pittorica, una sintesi dell’amore realistico e concreto per il quotidiano e del gusto per la natura morta. Ma la summa artistica si rivela soprattutto nell’uso sapiente del colore: dall’impiego dei colori piatti e senza chiaroscuro alla suggestione delle luci riflesse nello specchio dietro al bancone. Una celebrazione splendida del credo impressionista.

La luce penetra nella scena, alla maniera degli impressionisti, grazie a grandi lampadari che si riflettono allo specchio. Con calibrati tocchi di colore, Manet pone in primo piano la fruttiera, l’abbigliamento della cameriera, ma soprattutto le bottiglie, descritte con dovizia di dettagli. Dallo Champagne, ai vini, al liquore: del resto stiamo parlando di un’epoca, la Belle Époque, in cui il vino era ampiamente consumato e la tradizione dello Champagne era divenuta parte integrante della cultura enologica francese.
 
ARTE E VINO: MANET

La stessa emozione impressionista pervade l’opera di un contemporaneo di Manet, August Renoir, uno dei punti di riferimento della corrente artistica inventrice di un linguaggio espressivo capace di fissare sulla tela e nel tempo un soggetto di vita contemporanea. L’opera cui vorrei fare riferimento è La Colazione dei canottieri, ultimata dall’artista tra il 1880 e il 1881 e conservata presso la Phillips Collection di Washington, USA.

La Colazione dei canottieri di Renoir ritrae una tranquilla colazione al ristorante La Fournaise a Chatou, un villaggio vicino a Bougival. I frequentatori di questo locale sono soprattutto gli sportivi, che si riposano in compagnia di amici dopo aver vogato in canoa. Nella veranda del locale i personaggi discorrono insieme amabilmente, dopo aver consumato il loro meritato pasto.

Tra le figure ritratte c’è anche Aline Charigot, futura moglie di Renoir, che tiene fra le braccia un cagnolino. È una soleggiata giornata di primavera. La luce, chiara, inonda la scena di riflessi dorati e brillanti, in contrasto con i toni verdastri dello sfondo. Renoir pone olta attenzione all’uso dei colori che, sapientemente accostati, danno volume e prospettiva all’intera composizione.

L'atmosfera che deriva è quella di un'incredibile naturalezza, data dagli atteggiamenti e dagli sguardi dei vari personaggi. Renoir, nella appresentazione dell'apparecchiatura del tavolo, ripropone i temi di una superba natura morta: vi sono leggeri cristalli, frutta, ed elementi molto naturalistici e credibili come le briciole di pane, il tovagliolo adagiato sulla tovaglia e le bottiglie di vino piene, pronte per essere bevute all’aria fresca di questa frizzante giornata. Ancora una volta il vino è elemento di profondo realismo, specchio di una società che lo utilizzava nell’alimentazione quotidiana e sapeva apprezzarne il valore come bevanda conviviale.
 
ARTE E VINO: LA COLAZIONE DEI CANOTTIERI
 

La bottiglia di vino sotto la lente di ingrandimento alienante degli artisti del Novecento


Proseguendo il nostro viaggio nell’arte arriviamo all’opera di uno degli artisti più importanti del Novecento, Joan Mirò che con la sua opera, La bottiglia di vino del 1924, fornisce la sua interpretazione del connubio arte e vino in chiave surrealista.

L’opera è conservata presso la Fondacion Joan Mirò di Barcellona. Con quest’opera siamo in pieno clima di astrazione surrealista. Lo spazio del quadro è un ambiente senza confini, in cui gli elementi sembrano fluttuare e le forme si mescolano fra loro.

L’unico elemento “reale” e facilmente identificabile è proprio la bottiglia di vino, inserita in un contesto fuori dagli schemi e popolato da creature curiose, come l’insetto dalle ali aranciate che scorgiamo nella metà destra delquadro. Il vetro verdastro è trasparente. Il collo della bottiglia è più assottigliato rispetto al normale. La scritta della bottiglia è ben riconoscibile: “VI”, che secondo i critici può avere il doppio significato di vino (vin) e vita (vie). Si tratta di un dualismo simbolico che si sposa perfettamente con l’idea dell’autore di fusione metaforica tra arte e vita e che costituisce un aspetto chiave concettuale del movimento surrealista.

L’atmosfera è alienata e fantastica: la rappresentazione è fortemente disorientante. Proprio l’accostamento di elementi incongrui e la voluta  contrapposizione tra dimensione figurativa e dimensione astratta sono alla base delle ricerche surrealiste.
 
ARTE E VINO: MIRO'
 
Termino questa carrellata di opere d’arte dedicate al vino con La bottiglia di vino di Pablo Picasso de 1925.

È la rappresentazione in chiave cubista del rapporto fra arte e vino.Un linguaggio artistico volutamente innovativo e anticonformista, che rompe coi canoni estetici e col gusto espressivo ed estetico dei contemporanei.

La bottiglia di vino, al centro della composizione, non è facilmente riconoscibile, se non per l’etichetta bianca con la scritta “vin”. Lo spettatore deve necessariamente restare in contemplazione dell’opera per comprendere gli intenti dell’artista e ricondurre le forme a ciò che nella realtà conoscono. È costretto a ricostruire forme e oggetti nella sua mente, seguendo le “indicazioni guida” date dal pittore. La nuova estetica cubista si stacca completamente dalla mimesi o somiglianza con la natura che l’arte antica.La figura viene composta nelle sue minime componenti e la decomposizione non è casuale, ma studiata e calibrata per consentirne la ricomposizione mentale.

Il panorama artistico del Novecento legato al vino è ancora ricco e articolato. Lo vediamo diventare, ad esempio, oggetto di studio e ricerca nel movimento di Filippo Tommaso Marinetti, il Futurismo. Questa corrente culturale degli inizi del secolo esaltava le attività umane e, pertanto, riservò sempre un posto speciale alla gastronomia e al vino, la più mirabile fra le opere dell’uomo.

Per i Futuristi il vino era metafora di aeroplani e motori: “Se il vino è bevanda di antichissime tradizioni” - sosteneva Marinetti – “è tuttavia bevanda che si rinnova annualmente, bevanda dinamica, che contiene il carburante-uomo e il carburante- motore”.
 
ARTE E VINO: PICASSO


Quella che vi ho proposto in questo articolo è solo una selezione molto personale delle opere d’arte dedicate al vino. Citarle tutte in un solo luogo sarebbe stato per me impossibile e quantomai ambizioso, tante sono le interpretazioni diverse date dagli artisti sul tema.
Sta di fatto che arte e vino continuano da secoli a scrivere una storia fittamente intrecciata, che si snoda nell’eterno rapporto tra realtà e fantasia, tra misura e dismisura, tra natura e opera dell’uomo, tra vita e pensiero, tra divertimento e vizio. 
Tanti blogger, autori e appassionati se ne sono occupati: uno di questi è Francesco Saverio Russo nel suo blog e rassegna stampa: Wine Blog Roll.

Tante voci, tanti soggetti, una miriade di opere d’arte.

Tante differenti espressioni di un unico tema che appartiene alle origini della storia dell’uomo e che sempre continuerà ad ispirare ed animare gli artisti di ogni tempo.