L’ARTE DELL'INTERPRETAZIONE DELL'ANNATA NELLO CHAMPAGNE CUVÉE N. 738 di JACQUESSON
di STEFANO ZAGHINI - 01 ottobre 2018
“Au petit millésime un grand producteur,
au grand millèsime un petit producteur!”
au grand millèsime un petit producteur!”
Nell’enologia d’oltralpe vige un celebre esergo - per alcuni bevitori quasi lapalissiano - secondo cui la “piccola” annata richiede a compensazione la mano di un “grande” produttore, mentre la ‘grande’ annata spalanca le porte anche alle interpretazioni dei produttori meno quotati. Una regola che riduce il rischio di incorrere in delusioni ed evoca la difficoltà di sapere interpretare e gestire, in viticoltura, lo straordinario, soprattutto quando questo è rappresentato da congiunture climatiche imprevedibili e svantaggiose. Ne sono esempi calzanti la 2002 e la 2003 in Italia, la 2004 in Borgogna, oppure il controverso quanto ostico millesimo 2010 nella Champagne, considerato da pochissimi, non vinificato affatto dai tanti propensi all’ordinario, interpretato con risultati sorprendenti solo da uno sparuto manipolo di interpreti.
“Ogni vendemmia non è solo una raccolta di uve, è un momento di riflessione sulle problematiche del clima, perché è dalla metà degli anni Ottanta che si susseguono annate con ‘anomalie’ climatiche. Il cambiamento del clima non riguarda solo un raccolto perduto o gravi dissesti idrogeologici, sono in realtà segnali forti di una natura non più in equilibrio che confonde piante come la vite e l’ulivo… un agricoltore responsabile è anche un avamposto che dà voce alla natura e deve sapere raccontare quello che accade veramente: la terra non ci appartiene, l’abbiamo solo in prestito”. (Francesco Paolo Valentini, artigiano del vino abruzzese)
La maison, di proprietà dei fratelli Chiquet, vinifica le uve provenienti da 35 ettari vitati, 25 di proprietà e 10 in affitto, dai quali ottiene solo 60 ettolitri per ettaro (circa 1/3 in meno rispetto alle rese medie). La produzione complessiva è di 280.000 bottiglie, di cui 230.000 proprio dalla cuvée serie 700.
Si tratta di una delle più antiche maison della regione, fondata nel 1798 da Claude Jacquesson e dal figlio Memmie, popolarissima nell'età napoleonica, quando produceva 800.000 bottiglie e rappresentava l’etichetta preferita dell’imperatore. Vale anche ricordare che J.J. Krug, prima di dare vita alla propria casata nel 1843, fu a lungo lo chef de cave della famiglia Jacquesson, con cui si legò affettivamente sposando la cognata di Adolphe Jacquesson, celebre personaggio nella Champagne di quegli anni. Ma se il marchio godeva di grande celebrità nel corso dell’Ottocento, in seguito cadrà in un offuscamento progressivo fino all'acquisizione nel 1974 da parte della famiglia Chiquet, vignerons di tradizione secolare intenti a risollevarne le sorti decidendo in primis di spostare la sede a Dizy.
Tuttavia è dell’ultimo ventennio la svolta verso l’eccellenza, grazie al lavoro certosino di rinnovamento intrapreso dai fratelli Jean-Hervè e Laurent Chiquet, che dopo un ‘tirocinio’ di circa 12 anni all’interno dell’azienda familiare, scelgono di affrancarsi dal sistema gestionale e dalla filosofia produttiva del padre intraprendendo la loro autonoma e ambiziosa strada.
Il nuovo corso li porterà ben presto ad ambire alla produzione del migliore Champagne, nel solco di quel movimento artigiano che da circa un ventennio sta rivoluzionando la classicità del gusto di questa leggendaria tipologia di bollicine. Un gusto troppo spesso omologato nei sentori dell’autolisi dei lieviti e in uno stile seriale tipico dei processi industriali. La virata è verso vini più organici e bevibili, minerali, segnati da purezze cristalline e minuziose sfumature legate a un frutto maturo.
Quel che più conta per i fratelli Chiquet, e che forse costituisce il segreto del successo dei loro Champagne, è l’approccio e la conduzione verso una viticoltura sostenibile con la conversione al regime organico dell’intero vigneto, lavorato e inerbito, da cui ricavano le migliori uve provenienti dai villaggi storici Grand Cru e Premier Cru della Grande Vallée de la Marne (comuni di Dizy, Hautvillers e Mareuil-sur-Ay) e della Côte des Blancs (Avize in prevalenza e Oiry).
Per loro stessa ammissione, il ruolo della cantina e delle tecniche di vinificazione, che prevedono l’utilizzo di presse verticali con lo scarto della taille e un uso sapiente del legno, è secondario al lavoro in vigna. La prima fermentazione e la maturazione delle basi spumanti è eseguita in fusti di legno da 47 ettolitri. I vin clair non sono né chiarificati, né filtrati; il dosaggio di zuccheri è minimo o del tutto assente; la fermentazione malolattica viene svolta anche per consentire un minore utilizzo di solforosa e originare dei vini più stabili e digeribili.
Ma se oggi Jacquesson vive una seconda età dell'oro è perchè si distingue dagli altri produttori di Champagne per una svolta copernicana nell’approccio artigianale al taglio delle cuvée. La ricerca costante del vino perfetto ha portato ben presto i fratelli Chiquet a trasformare il non millesimato di casa, il Brut Perfection - allineato allo stile conformista delle classiche cuvée non-vintage che le grandi maison producono come loro vino “di base” - in un vino originale, più autentico e territoriale, fotografia di un millesimo ufficialmente non rivendicato.
È così che nel 2003 esce sul mercato la Cuvée 728, la prima della lunga serie di Cuvée 700, al cui interno dominano le uve del millesimo 2000; l’unica cuvée firmata Jacquesson a essere sempre prodotta a prescindere dalle condizioni del millesimo, in un crescendo progressivo di millesimi e di numero seriale. Con le cuvée della serie 700 ogni millesimo è libero di esprimere i propri tratti salienti, amplificati ed esaltati dal taglio delle uve e dalla sapiente miscela del vino di riserva (in genere impiegato tra il 25-30%). Il tentativo è quello di affrancarsi dal sapore “ripetitivo” dei brut sans année delle maison, scegliendo invece di puntare diritto all'unicità del millesimo. Oggi di questa “serie epocale” (cit. Francesco Falcone) è reperibile sul mercato la 741, la quattordicesima prodotta e ottenuta dal millesimo 2013.
Il numero indica la cifra progressiva delle cuvée prodotte da Jacquesson a partire proprio dalla fondazione della maison. Nel caso della Cuvée 738, degustata e recensita in calce, la base è rappresentata dalla vendemmia del 2010, arricchita da un 30% di vin de réserve (2009-2008).
Altro aspetto non trascurabile è l'indicazione radiografica sull’etichetta dell'assemblaggio, del dosaggio, della quantità prodotta e della data di sboccatura a testimoniare il concetto di totale trasparenza nei confronti del fruitore. Dalla Cuvée 736 si assiste anche a un rinnovamento grafico dell’etichetta con la parola “Champagne” sostituita da “Grand Vin de Champagne” e la dicitura “Extra Brut” a sostituire “Brut” (anche se si è sempre trattato di un dosaggio compreso tra 1-3 g/l).
Bibliografia consultata:
- Le migliori 99 Maison di Champagne, Edizioni Estemporanee, 2016/2017
- Cogliati, Samuel, Champagne. Il sogno fragile, Possibilia editore
- Cogliati, Samuel, Champagne. Il sacrificio di un terroir, Porthos edizioni
- Di Cosimo, Laura, Il viticoltore, inserto “Food” di Repubblica del 13 Settembre 2018