L’INSOSTENIBILE LUNGHEZZA DEL BAROLO RISERVA MONFORTINO. UNA VERTICALE PER ENOCODE

L’INSOSTENIBILE LUNGHEZZA DEL BAROLO RISERVA MONFORTINO. UNA VERTICALE PER ENOCODE
Tu scrivi del Barolo Riserva Monfortino della famiglia Conterno e loro leggono di un esercizio di stile oppure di un calligrafismo… è un attimo!
L'ESIGUITÀ DELLE BOTTIGLIE E L'ENORMITÀ DELLE QUOTAZIONI possono colorare di autoreferenza qualsiasi racconto su questo vino. Agguerritissimi degustatori lo approcciano talvolta con la malcelata intenzione di decretarne L'INCONGRUITÀ ECONOMICA, talaltra rimarcando l'anacronismo della RELAZIONE "CONVENZIONALE" tra uomo e vigna.        
 
Noi bevitori cronici dalle finanze normali vorremmo tanto assolvere la nostra impotenza di fronte alla sua INACCESSIBILITÀ; vorremmo sentenziare sollevati: "…ma sì, ma dai, non ne vale la pena, lasciamolo ai parvenues!". Eppure, chissà per che, ogni volta qualcosa ci impedisce di farlo.
 
Se solo ci mettiamo onestamente in gioco con lui (il Monfo) il risultato alla fine è sempre lo stesso, possiamo solo arrenderci. SEMPLICEMENTE LA SUA VITALITÀ È INVINCIBILE. Con un parallelismo musicale, a me molto caro, il Monfortino per la potenza che esprime potrebbe essere associato a SONNY ROLLINS tra i maestri classici del Jazz. Tuttavia la sua intima essenza si libra nella trazione verticale; tira sempre in avanti come CHARLIE PARKER; raddoppia mantenendo la riconoscibilità del tema (in questo caso il territorio) e ti desta da qualsiasi stato di inerzia.

Il Monfortino non è un vino emotivo, almeno secondo la più frequente delle interpretazioni che ravvisa emotività nella espressione più libera ed intensa. LE SUE VIBRAZIONI SONO INTROVERSE non si aprono all'esterno, ma si riverberano sviluppandosi all'interno. Non penso sia solo una questione di controllo. Indubbiamente il TALENTO DI CONTERNO nell'indirizzare il liquido verso la propria cifra è lampante, ma è altrettanto indiscutibile la straordinaria VOCAZIONE DELLA VIGNA FRANCIA. Ed il felice rapporto con l'ossigeno e con le temperature non proprio basse della fase fermentativa sembrano rinnovare quel PARADOSSO che evidenzia anche il grande SANGIORGI relativamente ad altri vini. Si perde la croccantezza del frutto ma si costruisce una spina portante dotata di resistenza impressionante all’ossidazione, energia che ci colpisce percettivamente e che non può non emozionare se ne contempliamo la grandezza. Un’ammirazione più simile a quella mossa da un quadruplo salto mortale che a quella provocata dalla declamazione di una poesia. IN DEFINITIVA IL MONFORTINO NON È FORSE EMOTIVO MA È SICURAMENTE EMOZIONANTE, non dissimile da alcuni grandissimi bordeaux, siderali e anaffettivi, ma abbacinanti come i diamanti puri.
 
Di seguito alcune note relative all'ultima verticale del nostro Monfortino che constava di sei annate: 1996, 1999, 2005, 2008, 2010, 2013.
 
Barolo Riserva Monfortino 1996: Riflessi opachi, SFUMATURE CALDE E BREZZE AUTUNNALI vestono questo ventitreenne. Lo spirito però è proprio quello di tanti altri ‘96, IRRESOLUTAMENTE GIOVANILE, connotato di INOSSIDABILE FRESCHEZZA e di un PODEROSO TANNINO seppur elegantemente modulato. Non bastassero questi portenti, da centrobocca in poi l'eco salino inizia a perpetuare il sapore senza cedimenti di sorta. SUCCULENZA INFINITA, poco variegata ma molto coinvolgente
 
Barolo Riserva Monfortino 1999: Quinta volta che bevo il 99, quarta volta che lo condivido con l'amico Filippo, terza volta che non lo riconosco alla cieca dopo aver individuato tutti gli altri. Forse perché questa bottiglia esprime MINOR POTENZA e un tono olfattivo maggiormente autunnale. Quello che latita non è l’energia, elettrica, bensì il “sangue” di questo cru meridionale di Serralunga. La struttura è solida, ma il sapore a centrobocca è magro e timido. Si congeda tra incoerenze e qualche dubbio.
 
Barolo Riserva Monfortino 2005: Vino di armonia sottile. ELEGANTE e TRASPARENTE per quanto può essere trasparente un vino che vibra sempre di TERRA e SANGUE. Naso di bellezza altera, schivo e privo di preludi terziari. Tannino che chiude la scena con grande classe anche se prima del consueto. Differenza evidenziata dai tempi infiniti delle altre annate bevute nella stessa cena (99 a parte).
 
Barolo Riserva Monfortino 2008: Alla cieca il vento caldo che ha sferzato le vigne nei giorni precedenti alla vendemmia si sente. Conferisce una LEGGERA TOSTATURA alla nota fruttata. Per il resto il vino è anche figlio delle temperature fresche della prima parte dell’estate. Una SPINA ACIDA LUNGHISSIMA dilatata su sensazioni calde dal concorso salino. Lo sviluppo del sapore RITARDATO MA PROFONDO E CONVINCENTE nella espressione identitaria di SERRALUNGA.
 
Barolo Riserva Monfortino 2010: Vino che appartiene ad altri cieli. HA UNA TALE SUBLIME ARMONIA che può scorrere con ineffabile soavità fino al coma etilico. Fortunatamente solo consumatori fantamiliardari come i nerds della Silicon Valley (che sono tendenzialmente astemi per credo salutistico), o come gli sceicchi dell'Opec (che non bevono per credo religioso), o meglio ancora come il direttore (che beve per credo professionale) possono permettersi l'ubriacatura con questo liquido divino. Il Tannino - con la t maiuscola - è forgiato in FILIGRANA d'oro e foderato in SETA di gelso. Potenza e matericità del vigneto Francia ti infiltrano senza sforzo, con una FACILITÀ che assona la NATURALITÀ. Come per certi grandissimi Bordeaux l'equilibrio pensato, cercato e realizzato secondo canoni classici, NON IMPEDISCE AL VINO DI AFFRANCARSI E RIFULGERE DI LUCE PROPRIA.  Arduo ravvisare "controllo", impossibile pesare eventuali influenze dei materiali e dei metodi dall'arrivo in cantina dell'uva all'imbottigliamento del vino.  La definizione del sapore si apprezza dopo lo sviluppo della profondità e soprattutto in seguito alla distensione delle forze traenti. Il rapporto con l'ossigeno è di COMMOVENTE COMPLICITÀ. Una bevuta che entra nella LISTA RISTRETTA delle MEMORABILI.
 
Barolo Riserva Monfortino 2013: Vino di VAPOROSA FEMMINILITÀ (nella viril scala monfortiniana). Irrorato di luce, di grazia e di croccanti frutti rossi come non mai. Un REFOLO di VERDE rafforza l'indizio di un diverso rapporto con l'aria. Sembrerebbe che almeno una parte della massa abbia avuto un apporto aromatico (intrapellicolare?) concentrato dall'assenza di ossigeno. Sia come sia, LA LEVITÀ IMPERA, il frutto ingentilisce il consueto rigore delle componenti "dure" e l'espansione del sapore nel cavo orale si giova di un PULVISCOLO CENTRIFUGO piuttosto che di una progressione monodirezionale. Il tannino ti sorride in apertura ma poi ti redarguisce. La sua irrequietudine mi consiglia di approcciarlo quando si sarà rasserenato.
 
Buon proseguimento con due grandi jazzisti, Charlie Parker e Sonny Rollins!