LA PRIMAVERA DELLA BARBERA

LA PRIMAVERA DELLA BARBERA
In questo inverno mi è venuta voglia di Barbera. 
La voglio perché sa scaldare questo freddo e rianimare questi vuoti.
Una Barbera vera sa di Italia bella.
È un legame emotivo con una comunità che Settanta anni fa si è riscattata.
La sua italianità non è statistica.
C' entra poco che sia la seconda bacca nera più coltivata nello stivale e il vitigno italiano più diffuso fuori dai confini patrii.
Contano poco perfino i suoi sviluppi antichi rintracciabili sin dal XV° secolo. 
La sua indole è manifestata dal suo comportamento.
La Barbera è sangue italiano perché svampa d'acchito, talvolta sguaiata, ma poi sempre insegue la complicità.
Il suo alcol t'ingaggia con volumi ampi ed esuberanti e poi entrano i tannini rustici ma accoglienti che ti accompagnano verso gli scampanellii dell'acidità.
Quest'ultima, svestita dalle coltri morbide, spadroneggia ed invoca l'abbraccio di un companatico.
Reclama convivialità.
Ama la caciara, anche se nasce sabauda.
Mario Soldati riconosceva il vero torinese, in osteria, dal fatto che ordinava Barbera.
Nel nostro dopoguerra, povero ma prodigo di promesse, la fiaschetta di barbera è stata compagna fedele della schiscetta di tanti operai che dimoravano nelle case di ringhiera del milanese.
Purtroppo la Barbera è stata anche protagonista nelle etichette che hanno causato la tragedia del metanolo nel 1986.
Morti e dolore assurdi, che hanno investito la filiera del vino e l'hanno costretta ad una consapevolezza nuova.
Ma torniamo a ragionar di lei e della sua essenza.
Lei germoglia presto, fiorisce insieme agli altri e matura piuttosto tardi.
A causa della sua precocità e per lo spessore sottile della sua buccia ama il caldo, infatti gelate e malattie fungine possono frenarne la spontanea fertilità.
Non teme siccità e gradisce la carezza del vento per conservare la sanità dei suoi grappoli molto compatti.
Preferisce terreni argillosi e profondi, ma non li vuole troppo fertili, per questo eccelle sulle smussate colline antiche o nei primi dolci rilievi pedecollinari.
L'intenso blu del suo acino, abbondantemente spolverato di pruina, dialoga con le striature rosse delle foglie e prelude alla sfumatura violacea e alla consistenza grassa del succo.

Il tono freddo del blu ci sussurra una certa presenza di acidità, anche se mai potrei ascriverle i 12 g/l che può raggiungere, senza averne bevute.
Si narra di acidità che a Nizza Monferrato toccavano i 14 g/l fino agli anni Novanta.
L'alcol poi tracima facilmente i 14°, nonostante poi la sua sostanza glicerica ed il suo portamento tannico cavalchino la sorsata verso una armonia storta come la vita vissuta.
Essendo vitigno neutro, tra l'esordio sempre vinoso ed il commiato spesso etereo sbucano viola e amarena, talvolta fanno capolino mora e mirtillo, che comunque dialogano sommessamente con le matrici territoriali.
Diffusissima nel Monferrato, nelle Langhe e nel Roero dove è imbottigliata in purezza, è il vitigno più coltivato in Lombardia, particolarmente nell'Oltrepò Pavese, dove viene prevalentemente utilizzata in taglio così come sui colli piacentini, parmensi e bolognesi.
Si trova a suo agio anche sui colli tortonesi e sui colli euganei e trova grande radicamento fino alla Puglia ed alla Sardegna.
Nonostante ci siano esempi di vini con tagli importanti o maggioritari di Barbera di bontà esaltante come il Barbacarlo di Maga, i vecchi Frecciarossa di Odero o la Macchiona della Stoppa, qui mi sono focalizzato sulle bottiglie monovarietali.
Ho serbato alcune pietre miliari langarole (dai cugini Mascarello/Rinaldi a Giacomo Conterno) ad un prossimo approfondimento del direttore ed ho privilegiato il Monferrato, in particolare Nizza, che per me è "the place" per questa uva. Queste le "mie" espressioni di Barbera:
 
Bricchi di Castel Rocchero. Barbera d'Asti docg 1995. Scarpa
La Bogliona di Scarpa per me è sempre stupefacente. Infatti riesce a catapultare la terra sanguigna della Barbera verso ineffabili cieli tersi. Tuttavia questo ‘95 dei Bricchi mi rapisce, perché pur mantenendo lo stesso slancio, libra una corporatura assai più carnosa.
Stesso sale, stessa lunghissima spina acida della sorella, ma più carne, per via della quota maggiormente argillosa del suolo.
Il naso è austero, rigorosamente piemontese, parco nelle manifestazioni odorose e misurato nelle intensità. Ma l'arancia emoziona e si gioca tutte le sue carte sensoriali: è nei toni della polpa alla vista, è nella pungenza della scorza all'olfazione ed infine è nella freschezza del succo alla deglutizione.
La sua persistenza interminabile testimonia di una corsa vitale ancora priva di stanchezze e irrorata di complessità da disvelare al futuro.
 
Podej. Barbera Superiore del Monferrato 2018 docg. Forti del vento
Una Barbera libera e potente, saporita e carnosa, intrisa di umori terragni ed ematici. È emanazione diretta di un’anima fruttata selvatica.
Con la sua rotazione scura e viscosa pare attrarre ogni profumo all'interno della sua massa gravitazionale.
Nel cavo orale esplode al “ralenti” ed incede senza sosta con grande consistenza tattile.
Ha sincera confidenza con l'ossigeno, se ne nutre con tutta la calma dei buoni vini "naturali" e trova col tempo uno spunto di articolazione decorativa aspergendo incenso e liquirizia.
 
Asinoi. Barbera d'Asti docg 2016. Carussin
Barbera da pic-nic. Scarica, illuminata da riflessi freddi, privi della consueta luna calda di questo vitigno, lo sviluppo di bocca è rigorosamente lineare.
Vivacità e scorrevolezza accompagnano rapidamente al fondo bottiglia.
Prima della fine un susseguirsi di folate di viola e iris e zaffate di marasche e mirtilli, mentre domina una freschezza da frutto croccante.
 
Pochi Filagn. Barbera d'Alba doc 2011. Lorenzo Accomasso.
La Barbera langarola old fashion. Corpulenta ma scattante, infilata nel capospalla sartoriale ma un po' stazzonato dei vecchi legni d'affinamento.
Lasciando svanire i vapori eterei e gli sbuffi lievemente cipriosi, sale sulla ribalta il cuore del sapore che racconta tutte le sue storie fruttate.
Frutto al limite della surmaturazione ma ancora vivo e vivificante, così come i petali della viola disidratati nel loro massimo turgore.
Mi ricorda tanto l'Italia contadina che la domenica si metteva il vestito buono per andare a messa.
 
Camporomano. Emilia Barbera i.g.t. 2011. La Stoppa
Una Barbera densa, figlia di fermentazione spontanea e lunghe macerazioni in acciaio.
Le tonalità scure e le ritrosie espressive olfattive, spesso sul confine della riduzione, cifrano anche questo vino de La Stoppa che è animato da una potente vibrazione intestina.
La calura estiva padana accelera sempre la maturazione tecnologica, il limo ingentilisce la foggia tannica costruita sull' argilla e l'approccio agronomico molto "naturale " asseconda l'intrinseca freschezza della Barbera.
Un vino di grande personalità che insegue radici contadine attraverso sensibilità contemporanee.
 
Il mio ribelle. Rosato dell'Emilia i.g.t. 2016 (magnum). Camillo Donati
Una Barbera rifermentata in bottiglia, ottenuta dalla sgrondatura di uve colte in anticipo.
Franca e golosa, tutta articolata sulla freschezza rustica senza per questo risultare cruda.
Esprime piccole amarene rubine colte un attimo prima della piena maturità, piccoli lamponi di bosco, violetta e lo sfalcio di erbe.
Saranno ormai “en Vogue” da qualche anno questi ancestrali da vitigni rustici, ma la piacevolezza della bevuta spiega perché questa riscoperta dei rifermentati in bottiglia non accenni a dissolversi, semmai a rinforzarsi.
 
Nizza docg 2018. Sette
Purissima Barbera nizzarda. C'è il sale di queste colline e c'è la sintesi sapida operata delle radici vecchie che inabissano tutta la loro energia nella profondità delle sorsate.
C'è alternanza tra buone pratiche di prossimità alla vigna sulle erte sassose e sorveglianza obliqua nelle cantine. C'è una trama tannica tessuta con le maglie larghe della Barbera ma con un filato compatto e resistente.
La sua sorsata trascinante è imperniata sulla dialettica incalzante tra la compressione di acidità e fenoli e l'espansione di polialcoli e sale.
Una Barbera più di fibra che di polpa eppure una Barbera vera.
Nizza Riserva docg 2016.Tenuta Olim Bauda
Altra Nizza, ma dotata di matericità opulenta, anzi sontuosa. Tuttavia anche qui la scorrevolezza domina grazie alla foggia serica del suo ordito. Qualche orpello da legno giusto echeggia la tradizione, accordandola verso una modernità più disinvolta.
La ciliegia è più matura, sbuca la prugna, soffia il pepe nero e sfuma anche un tocco di cannella, ma si percepisce soprattutto una complessità in divenire.
Versione da invecchiamento più prosperosa rispetto al tradizionale fit skinny di quelle di Scarpa.
 
La bandita 2013. Barbera d'Asti docg. Cascina Tavijn
Etichetta punk-marketing bevuta in locale rigorosamente hipster qualche anno fa.
Al sorgere della spinta dei glou-glou wine rimiravo con sarcasmo certe etichette molto accattivanti (in primis in Loira) e regolarmente il sospetto veniva disarmato dalla spontaneità seducente della bevuta. Capitava qualche liquido impotabile, ma più spesso la franchezza del vino ti trasportava in un flusso di pura rilassatezza. Ecco, la Bandita è una di queste bottiglie. Certamente ha quei 2 gradi in più rispetto a tanti liquidi odorosi della nouvelle vague, ma questa lieve pinguetudine è verità della Barbera. E certamente oltre al frutto c'è la cifra dell'argilla e dell'erbaceo che paiono puntigliare sopra tanta scioltezza: Io sono Barbera.
 
*Le immagini utilizzate appartengono alla serie di fumetti Alan Ford, creata da Max Bunker. Il personaggio ritratto è Superciuk, disegnato per la prima volta da Magnus.