LA PROVENZA, UN DIARIO DI BORDO
di LUCIO FOSSATI - 18 agosto 2016
GLI ENOCODERS
Li sentivo parlare di questo viaggio da un po’ di tempo, li ascoltavo per capire come si sarebbero organizzati e cosa avrebbero fatto. Poi più niente.
Sono partiti, così, all’improvviso, come quelle api operaie di cui senti il ronzio quando sono già a metà dell’opera. La destinazione? Provenza.
Gli ho chiesto allora di scrivere un diario a più mani, in tempo reale, con foto e impressioni da regalarmi per le letture estive, per viaggiare con l’immaginazione. (Ofelia Bartolucci)
Kit sapientino... per arrivare fino a qui!
IL PAESAGGIO
La Provenza è una delle tredici regioni metropolitane di Francia (Provence-Alpes-Cote d’Azur), delimitata a nord-est dalle Alpi Marittime e dal confine con l’Italia, a sud dal Mar Mediterraneo e a ovest dal Languedoc-Roussillon. Il suo legame con la viticoltura risale al VII secolo a.C., nel riverbero dell’espansione commerciale greca. Una lunga tradizione vinicola, quindi, che oggi vanta circa 30.000 ettari vitati (alla pari di Champagne e Borgogna) con una produzione ufficiale che si attesta sul 1.300.000 hl, a ruota della Borgogna.
Gran parte del paesaggio è composto da colline ricoperte di macchia mediterranea e lecci che si alternano a falsipiani calcarei scolpiti dall'erosione.
Geologicamente l’omogeneità più rilevante è rappresentata dal massiccio cristallino dei Mori, che da St Raphaël giunge fino a Bandol.
IL TERRENO E IL CLIMA
La maggioranza dei suoli è di natura argillo-calcarea, con affioramenti di gres, di marne e di calcare dolomitico. Le ore di sole vanno da 2700 a 2900 l'anno, con precipitazioni intense concentrate su pochi giorni in autunno e più raramente in primavera.
Le estati sono calde e secche per via del Mistral che soffia da Nord incanalandosi lungo il Rodano; gli inverni sono miti, caratterizzati dall'alternanza tra brezze marine calde e umide e venti settentrionali freschi e secchi.
I VITIGNI
I vitigni a bacca rossa più coltivati sono: syrah, grenache, cinsault, mourvedre, tibouren, carignan, e cabernet sauvignon. I vitigni a bacca bianca più diffusi sono: rolle (vermentino) ugni blanc (trebbiano) clairette, bourboulenc (malvasia) e semillon.
(nella foto la mourvedre allevata tradizionalmente ad alberello)
LE DENOMINAZIONI (AOC)
Le appellazioni sono: Bandol, Palette, Cassis, Bellet, Le Baux de Provence, Coteaux d'Aix en Provence, Coteaux Varois en Provence, Coteaux de Pierrevert e Cotes de Provence con le sottozone di Sainte Victoire e Frejus.
Tutte le appellazioni contemplano la possibilità di produrre Rossi, Rose' e Bianchi e i disciplinari invitano all'utilizzo di almeno 2 vitigni.
IL VIAGGIO
Grigio da premonizione...
Partenza monocromatica come un’opera di Yves Klein o di Robert Rauschenberg.
Grigio plumbeo è il cielo, grigio asfalto è la strada, grigio metallizzato è il colore delle vetture che ci precedono. Gris in francese significa grigio ma anche ’ubriaco’.
Che sia una premonizione ?
Il grigio delle nuvole ci scorta per tutta l'Italia attraverso la Costa Azzurra fino alla Provenza.
Siamo arrivati, qui ci accolgono un celeste intenso e un’aria tersa che esalta i verdi disomogenei della macchia e la balsamicità penetrante delle resine dei pini marittimi.
La prima giornata di visite la passiamo nei pressi di Saint Remy en Provence, a una manciata di chilometri a sud di Avignone, il Rodano meridionale è a un passo.
Qui la denominazione di casa si chiama Les Baux de Provence. Si tratta di una appellazione di 250 ettari, i cui vigneti si distendono sui versanti sud e nord della piccola catena montuosa conosciuta come Alpilles. I suoli sono di natura calcarea e risalgono al cretaceo. Il clima è fortemente influenzato dal Mistral, che giunge dal bacino del rodano apportando aria fresca che contrasta la spiccata insolazione. Il tessuto produttivo, seppur limitato, è ricco di talenti e percorsi eccentrici, spesso al di fuori dei tradizionali standard della AOC. I vini uniscono un carattere fortemente mediterraneo a una freschezza superiore alla media della regione.
RITRATTI (PRIMA GIORNATA)
Incontriamo Teophile Milan, figlio di Henri. Lavorano secondo i dettami della biodinamica e vinificano a grappolo intero. I suoi terreni, piuttosto poveri, sono caratterizzati da graves e sabbie marine, sovrapposte a marne blu che favoriscono l'apparato radicale nella gestione idrica.
I suoi vini hanno una beva fragrante e soave, probabilmente la vinificazione a grappolo intero e l’uso vicino allo zero di solfiti (ricavati dall’Etna) aiutano ad attenuare il calore della zona.
Dal naif e anarchico Henri Milan, morbido e seduttivo financo nelle battute in italiano, ci scontriamo contro il muro di acciaio di Dominique Hauvette. Occhiate indagatrici scaturite da occhi vitrei sul nostro drappello; incedere sghembo, naso adunco, fili d'argento raccolti in uno chignon poco parigino e molto amazzone, profondi solchi sul volto che probabilmente mettono in diretto contatto con un’interiorità inquieta.
Ma……. sotto l'aspetto algido e i modi burberi, la vignaiola emana uno charme che nasce proprio dalla sua fragilità. Costante è la sensibilità produttiva votata all'espressione del vigneto, meno univoca è la variegata tipologia dei contenitori di fermentazione e di affinamento.
I vigneti e la cantina del Domaine de Trévallon introducono l'estetica del fondatore: Eloi Durrbach. Parigi, Saint Tropez, il padre artista amico di Picasso...c'è tutto questo nel suo tempio di buon gusto, armonia tra linee e colori, contrasti tra luci e ombre, varietà nelle essenze coltivate di corredo alla vite. La produzione è ridotta al minimo: un vino bianco e un vino rosso. Entrambi di gran classe, con il rosso che svetta grazie a un eccellente abbinamento tra la camicia di seta dei polialcoli e il cappotto di tannini di gran foggia. A destare qualche rammarico, per i sostenitori della tradizione provenzale, è la scelta di allontanarsi dalla mourvedre per abbracciare il più internazionale cabernet sauvignon. Al suo fianco il syrah.
RITRATTI (SECONDA GIORNATA)
La seconda giornata di visite è concentrata su Bandol, certamente l’AOC più tradizionale della Provenza. 1550 ettari suddivisi tra 61 produttori che si contendono una delle offerte più qualitative della regione. I vigneti si estendono sulle dolci colline (mai superiori ai 300 m/slm) a ridosso del centro turistico del villaggio, avvolti dalla sovradimensionata AOC Cote de Provence. I suoli sono caratterizzati da argille rosse, alternate nell’entroterra a rocce e marne del Triassico. La produzione è ad appannaggio dei vini rossi e la varietà di riferimento è la mourvedre (max 95%), di solito tagliata con grenache e cinsault. I vini rossi di Bandol presentano un carattere spiccatamente mediterraneo, con acidità contenute e tannini decisi che chiedono tempo in vetro prima di distendersi.
La prima tappa è tra i vigneti di mourvedre ad alberello di Terrebrune, che si presentano meravigliosamente incastonati tra terra rossa e cielo blu mattutino. Tutti i vini assaggiati rivelano una materia prima di gran qualità e una propensione stilistica che non ignora la verticalità. Sorprendente, nell’assaggio di bottiglie aperte da diversi giorni, è il matrimonio con l'ossigeno. La propulsione acido salina promette una vita lunghissima, emblematico un rosé del 2004 assaggiato per la soddisfazione dei palati.
Segue Château Pibarnon, una delle aziende più in alto dell'appellazione Bandol. La vista dei vigneti terrazzati che anticipa l’arrivo in cantina carica di aspettative i visitatori. E’ un’azienda di grande storicità, sui cui vini la “critica” di Enocode, proprio come quella francese, si è divisa. Il rigore nella gestione di vigna e cantina si apprezza soprattutto assaggiando i rossi che hanno qualche primavera alle spalle. Lo stile è all’insegna della precisione e della materia. Le strutture tendono a slanciarsi solo con qualche anno di bottiglia.
La discussione su Pibarnon ci accompagna durante il veloce pranzo nel porto turistico, dove, tra insalate e caffè, proviamo a limitare le calorie che si sommeranno a quelle liquide del mattino.
Puntuali come un orologio svizzero alle 14,30 siamo già a Chateau Vannières, la cui struttura risalente al 1547 si staglia maestosamente su una piana brulla e sassosa.
Il proprietario è un mélange ben riuscito tra Briatore e Ducasse, anche se la polo color lilla e la postura lo avvicinano più al primo. Il suo punto di riferimento è Bordeaux, tra i suoi clienti storici ci sono i personaggi della F1 (Le Castellet è ad un passo). Parker ne apprezza i vini caldi e avvolgenti che donano generosamente spezie dolci grazie anche alla quota di barrique in affinamento. Alla luce di una serie di assaggi maturiamo l’idea che a partire dai primi anni Duemila il suo rosso si sia un po’ appesantito.
Oramai a pomeriggio inoltrato e con un’attenzione crepuscolare ecco l’incontro che risolleva morale e concentrazione. Si, perché quando ci accoglie il patron del Domaine De La Bégude, Guillaume Tari, la sensazione è di essere catapultati in un topos della saga cinematografica di Indiana Jones. Giusto il tempo di parcheggiare le nostre auto che ci troviamo a dorso di una jeep scoperta per un tour delle vigne aziendali. Il viaggio è di quelli da rimanere senza fiato, sia per le scenografie, sia per la guida di Guillaume, che d’improvviso si mette a dare la caccia a un cinghiale tra sentieri che a fatica percorreremmo a piedi.
Tante micro-parcelle sparse in mezzo alla macchia a 400 mt di altezza sul limitare di un parco protetto. Le cantine ricavate in un antico monastero merovingio del VII secolo.
I suoi vini si fanno bere volentieri, soprattutto per via di una salinità che ne agevola la beva, eppure Bordeaux sembra vicina, molto vicina. Non per niente la famiglia Tari è proprietaria di Chateau Giscours a Margaux.
RITRATTO (TERZA GIORNATA)
Oramai con le valigie caricate in auto e già sulla strada del ritorno, il mercoledì mattina ci ha aperto le porte del Domaine Tempier, uno dei templi dell’enologia provenzale. Gli appezzamenti sono collocati nella parte nord del grande anfiteatro calcareo del Bandol, dove sono stati individuati tre cru che vengono vinificati in purezza e che fanno compagnia al Bandol “Classique”: La Tourtine, Cabassaou e La Migoua. I primi due provengono dallo stesso fronte geologico calcareo datato 85 milioni di anni fa (Santoniano). Si trovano a ridosso della struttura aziendale, con i 6,5 ettari de La Tourtine che dominano il singolo ettaro del Cabassaou. 40 anni la media delle viti per il primo e 60 per il secondo. La Migoua è la vigna più alta dell’azienda, a 270 m/slm, su calcare del Triassico datato 225 milioni di anni fa. Uve diraspate, estrazione con tocco leggero e affinamento tradizionali in vecchie e grandi botti di legno per vini di grande precisione, materici ma tecnicamente cesellati. Complessi e vicini al territorio. Vini di grande propensione evolutiva. Tutti ci siamo trovati concordi nell’apprezzamento del Bandol “Classique”, de La Tourtine e del Cabassaou.
Alla fine la Provenza...cos’è?
In definitiva la Provenza è un territorio molto attraente che rappresenta uno dei brand paesaggistici più efficaci al mondo. La viticoltura ha origini antiche, ma la produzione continua a essere dominata (80% del totale) da rosati poco qualitativi.
In antitesi al rosa ci sono AOC, come Bandol o Les Baux, che spostano l’accento verso rossi mediterranei e fascinosi.
In vigna il sole e il vento creano le condizioni ideali per una gestione ragionata e “bio”. In cantina i modelli di riferimento sono il Sud del Rodano e Bordeaux. I prezzi sono condizionati dalla richiesta della ristorazione della costa e dal turismo nordamericano e nordeuropeo che ritiene "convenienti" costi che in Italia sono considerati di fascia alta.
Un buon Bandol Rosso costa all'ingrosso come un Brunello o un Barolo.
Si torna a casa, si pensa a una degustazione...così anche per dare una continuità liquida a questo viaggio, che dalle tinte rosa noi abbiamo spostato sul rosso profondo della mourvedre.
OFF: quello che abbiamo tagliato e quello di cui non vi abbiamo parlato!
A Chateau de Trévallon sapevamo con certezza dopo la degustazione... sarebbero arrivati gli alieni, Dart fener e Skywalker.
ENOCODERS IN VIAGGIO: FILIPPO APOLLINARI, STEFANO ZAGHINI, LUCIO FOSSATI
CONTRIBUTO TECNICO AL DIARIO DI BORDO: FILIPPO APOLLINARI
IL NOSTRO AMICO TRADUTTORE: SIMONE DE LUCIA
GLI AMICI IN VIAGGIO: FRANCESCO COLLINA E VALTER ROCCHI
Li sentivo parlare di questo viaggio da un po’ di tempo, li ascoltavo per capire come si sarebbero organizzati e cosa avrebbero fatto. Poi più niente.
Sono partiti, così, all’improvviso, come quelle api operaie di cui senti il ronzio quando sono già a metà dell’opera. La destinazione? Provenza.
Gli ho chiesto allora di scrivere un diario a più mani, in tempo reale, con foto e impressioni da regalarmi per le letture estive, per viaggiare con l’immaginazione. (Ofelia Bartolucci)
Kit sapientino... per arrivare fino a qui!
IL PAESAGGIO
La Provenza è una delle tredici regioni metropolitane di Francia (Provence-Alpes-Cote d’Azur), delimitata a nord-est dalle Alpi Marittime e dal confine con l’Italia, a sud dal Mar Mediterraneo e a ovest dal Languedoc-Roussillon. Il suo legame con la viticoltura risale al VII secolo a.C., nel riverbero dell’espansione commerciale greca. Una lunga tradizione vinicola, quindi, che oggi vanta circa 30.000 ettari vitati (alla pari di Champagne e Borgogna) con una produzione ufficiale che si attesta sul 1.300.000 hl, a ruota della Borgogna.
Gran parte del paesaggio è composto da colline ricoperte di macchia mediterranea e lecci che si alternano a falsipiani calcarei scolpiti dall'erosione.
Geologicamente l’omogeneità più rilevante è rappresentata dal massiccio cristallino dei Mori, che da St Raphaël giunge fino a Bandol.
IL TERRENO E IL CLIMA
La maggioranza dei suoli è di natura argillo-calcarea, con affioramenti di gres, di marne e di calcare dolomitico. Le ore di sole vanno da 2700 a 2900 l'anno, con precipitazioni intense concentrate su pochi giorni in autunno e più raramente in primavera.
Le estati sono calde e secche per via del Mistral che soffia da Nord incanalandosi lungo il Rodano; gli inverni sono miti, caratterizzati dall'alternanza tra brezze marine calde e umide e venti settentrionali freschi e secchi.
I VITIGNI
I vitigni a bacca rossa più coltivati sono: syrah, grenache, cinsault, mourvedre, tibouren, carignan, e cabernet sauvignon. I vitigni a bacca bianca più diffusi sono: rolle (vermentino) ugni blanc (trebbiano) clairette, bourboulenc (malvasia) e semillon.
(nella foto la mourvedre allevata tradizionalmente ad alberello)
LE DENOMINAZIONI (AOC)
Le appellazioni sono: Bandol, Palette, Cassis, Bellet, Le Baux de Provence, Coteaux d'Aix en Provence, Coteaux Varois en Provence, Coteaux de Pierrevert e Cotes de Provence con le sottozone di Sainte Victoire e Frejus.
Tutte le appellazioni contemplano la possibilità di produrre Rossi, Rose' e Bianchi e i disciplinari invitano all'utilizzo di almeno 2 vitigni.
IL VIAGGIO
Grigio da premonizione...
Partenza monocromatica come un’opera di Yves Klein o di Robert Rauschenberg.
Grigio plumbeo è il cielo, grigio asfalto è la strada, grigio metallizzato è il colore delle vetture che ci precedono. Gris in francese significa grigio ma anche ’ubriaco’.
Che sia una premonizione ?
Il grigio delle nuvole ci scorta per tutta l'Italia attraverso la Costa Azzurra fino alla Provenza.
Siamo arrivati, qui ci accolgono un celeste intenso e un’aria tersa che esalta i verdi disomogenei della macchia e la balsamicità penetrante delle resine dei pini marittimi.
La prima giornata di visite la passiamo nei pressi di Saint Remy en Provence, a una manciata di chilometri a sud di Avignone, il Rodano meridionale è a un passo.
Qui la denominazione di casa si chiama Les Baux de Provence. Si tratta di una appellazione di 250 ettari, i cui vigneti si distendono sui versanti sud e nord della piccola catena montuosa conosciuta come Alpilles. I suoli sono di natura calcarea e risalgono al cretaceo. Il clima è fortemente influenzato dal Mistral, che giunge dal bacino del rodano apportando aria fresca che contrasta la spiccata insolazione. Il tessuto produttivo, seppur limitato, è ricco di talenti e percorsi eccentrici, spesso al di fuori dei tradizionali standard della AOC. I vini uniscono un carattere fortemente mediterraneo a una freschezza superiore alla media della regione.
RITRATTI (PRIMA GIORNATA)
Incontriamo Teophile Milan, figlio di Henri. Lavorano secondo i dettami della biodinamica e vinificano a grappolo intero. I suoi terreni, piuttosto poveri, sono caratterizzati da graves e sabbie marine, sovrapposte a marne blu che favoriscono l'apparato radicale nella gestione idrica.
I suoi vini hanno una beva fragrante e soave, probabilmente la vinificazione a grappolo intero e l’uso vicino allo zero di solfiti (ricavati dall’Etna) aiutano ad attenuare il calore della zona.
Dal naif e anarchico Henri Milan, morbido e seduttivo financo nelle battute in italiano, ci scontriamo contro il muro di acciaio di Dominique Hauvette. Occhiate indagatrici scaturite da occhi vitrei sul nostro drappello; incedere sghembo, naso adunco, fili d'argento raccolti in uno chignon poco parigino e molto amazzone, profondi solchi sul volto che probabilmente mettono in diretto contatto con un’interiorità inquieta.
Ma……. sotto l'aspetto algido e i modi burberi, la vignaiola emana uno charme che nasce proprio dalla sua fragilità. Costante è la sensibilità produttiva votata all'espressione del vigneto, meno univoca è la variegata tipologia dei contenitori di fermentazione e di affinamento.
I vigneti e la cantina del Domaine de Trévallon introducono l'estetica del fondatore: Eloi Durrbach. Parigi, Saint Tropez, il padre artista amico di Picasso...c'è tutto questo nel suo tempio di buon gusto, armonia tra linee e colori, contrasti tra luci e ombre, varietà nelle essenze coltivate di corredo alla vite. La produzione è ridotta al minimo: un vino bianco e un vino rosso. Entrambi di gran classe, con il rosso che svetta grazie a un eccellente abbinamento tra la camicia di seta dei polialcoli e il cappotto di tannini di gran foggia. A destare qualche rammarico, per i sostenitori della tradizione provenzale, è la scelta di allontanarsi dalla mourvedre per abbracciare il più internazionale cabernet sauvignon. Al suo fianco il syrah.
RITRATTI (SECONDA GIORNATA)
La seconda giornata di visite è concentrata su Bandol, certamente l’AOC più tradizionale della Provenza. 1550 ettari suddivisi tra 61 produttori che si contendono una delle offerte più qualitative della regione. I vigneti si estendono sulle dolci colline (mai superiori ai 300 m/slm) a ridosso del centro turistico del villaggio, avvolti dalla sovradimensionata AOC Cote de Provence. I suoli sono caratterizzati da argille rosse, alternate nell’entroterra a rocce e marne del Triassico. La produzione è ad appannaggio dei vini rossi e la varietà di riferimento è la mourvedre (max 95%), di solito tagliata con grenache e cinsault. I vini rossi di Bandol presentano un carattere spiccatamente mediterraneo, con acidità contenute e tannini decisi che chiedono tempo in vetro prima di distendersi.
La prima tappa è tra i vigneti di mourvedre ad alberello di Terrebrune, che si presentano meravigliosamente incastonati tra terra rossa e cielo blu mattutino. Tutti i vini assaggiati rivelano una materia prima di gran qualità e una propensione stilistica che non ignora la verticalità. Sorprendente, nell’assaggio di bottiglie aperte da diversi giorni, è il matrimonio con l'ossigeno. La propulsione acido salina promette una vita lunghissima, emblematico un rosé del 2004 assaggiato per la soddisfazione dei palati.
Segue Château Pibarnon, una delle aziende più in alto dell'appellazione Bandol. La vista dei vigneti terrazzati che anticipa l’arrivo in cantina carica di aspettative i visitatori. E’ un’azienda di grande storicità, sui cui vini la “critica” di Enocode, proprio come quella francese, si è divisa. Il rigore nella gestione di vigna e cantina si apprezza soprattutto assaggiando i rossi che hanno qualche primavera alle spalle. Lo stile è all’insegna della precisione e della materia. Le strutture tendono a slanciarsi solo con qualche anno di bottiglia.
La discussione su Pibarnon ci accompagna durante il veloce pranzo nel porto turistico, dove, tra insalate e caffè, proviamo a limitare le calorie che si sommeranno a quelle liquide del mattino.
Puntuali come un orologio svizzero alle 14,30 siamo già a Chateau Vannières, la cui struttura risalente al 1547 si staglia maestosamente su una piana brulla e sassosa.
Il proprietario è un mélange ben riuscito tra Briatore e Ducasse, anche se la polo color lilla e la postura lo avvicinano più al primo. Il suo punto di riferimento è Bordeaux, tra i suoi clienti storici ci sono i personaggi della F1 (Le Castellet è ad un passo). Parker ne apprezza i vini caldi e avvolgenti che donano generosamente spezie dolci grazie anche alla quota di barrique in affinamento. Alla luce di una serie di assaggi maturiamo l’idea che a partire dai primi anni Duemila il suo rosso si sia un po’ appesantito.
Oramai a pomeriggio inoltrato e con un’attenzione crepuscolare ecco l’incontro che risolleva morale e concentrazione. Si, perché quando ci accoglie il patron del Domaine De La Bégude, Guillaume Tari, la sensazione è di essere catapultati in un topos della saga cinematografica di Indiana Jones. Giusto il tempo di parcheggiare le nostre auto che ci troviamo a dorso di una jeep scoperta per un tour delle vigne aziendali. Il viaggio è di quelli da rimanere senza fiato, sia per le scenografie, sia per la guida di Guillaume, che d’improvviso si mette a dare la caccia a un cinghiale tra sentieri che a fatica percorreremmo a piedi.
Tante micro-parcelle sparse in mezzo alla macchia a 400 mt di altezza sul limitare di un parco protetto. Le cantine ricavate in un antico monastero merovingio del VII secolo.
I suoi vini si fanno bere volentieri, soprattutto per via di una salinità che ne agevola la beva, eppure Bordeaux sembra vicina, molto vicina. Non per niente la famiglia Tari è proprietaria di Chateau Giscours a Margaux.
RITRATTO (TERZA GIORNATA)
Oramai con le valigie caricate in auto e già sulla strada del ritorno, il mercoledì mattina ci ha aperto le porte del Domaine Tempier, uno dei templi dell’enologia provenzale. Gli appezzamenti sono collocati nella parte nord del grande anfiteatro calcareo del Bandol, dove sono stati individuati tre cru che vengono vinificati in purezza e che fanno compagnia al Bandol “Classique”: La Tourtine, Cabassaou e La Migoua. I primi due provengono dallo stesso fronte geologico calcareo datato 85 milioni di anni fa (Santoniano). Si trovano a ridosso della struttura aziendale, con i 6,5 ettari de La Tourtine che dominano il singolo ettaro del Cabassaou. 40 anni la media delle viti per il primo e 60 per il secondo. La Migoua è la vigna più alta dell’azienda, a 270 m/slm, su calcare del Triassico datato 225 milioni di anni fa. Uve diraspate, estrazione con tocco leggero e affinamento tradizionali in vecchie e grandi botti di legno per vini di grande precisione, materici ma tecnicamente cesellati. Complessi e vicini al territorio. Vini di grande propensione evolutiva. Tutti ci siamo trovati concordi nell’apprezzamento del Bandol “Classique”, de La Tourtine e del Cabassaou.
Alla fine la Provenza...cos’è?
In definitiva la Provenza è un territorio molto attraente che rappresenta uno dei brand paesaggistici più efficaci al mondo. La viticoltura ha origini antiche, ma la produzione continua a essere dominata (80% del totale) da rosati poco qualitativi.
In antitesi al rosa ci sono AOC, come Bandol o Les Baux, che spostano l’accento verso rossi mediterranei e fascinosi.
In vigna il sole e il vento creano le condizioni ideali per una gestione ragionata e “bio”. In cantina i modelli di riferimento sono il Sud del Rodano e Bordeaux. I prezzi sono condizionati dalla richiesta della ristorazione della costa e dal turismo nordamericano e nordeuropeo che ritiene "convenienti" costi che in Italia sono considerati di fascia alta.
Un buon Bandol Rosso costa all'ingrosso come un Brunello o un Barolo.
Si torna a casa, si pensa a una degustazione...così anche per dare una continuità liquida a questo viaggio, che dalle tinte rosa noi abbiamo spostato sul rosso profondo della mourvedre.
OFF: quello che abbiamo tagliato e quello di cui non vi abbiamo parlato!
A Chateau de Trévallon sapevamo con certezza dopo la degustazione... sarebbero arrivati gli alieni, Dart fener e Skywalker.
ENOCODERS IN VIAGGIO: FILIPPO APOLLINARI, STEFANO ZAGHINI, LUCIO FOSSATI
CONTRIBUTO TECNICO AL DIARIO DI BORDO: FILIPPO APOLLINARI
IL NOSTRO AMICO TRADUTTORE: SIMONE DE LUCIA
GLI AMICI IN VIAGGIO: FRANCESCO COLLINA E VALTER ROCCHI