LO CHENIN È SFUGGENTE

LO CHENIN È SFUGGENTE
LO CHENIN È SFUGGENTE. Ti sorride, ti scuote le mani vigorosamente e poi si eclissa di sguincio. Se lo conosci superficialmente ti disorienta. D'acchito ti introduce la sua MELLIFLUA DOLCEZZA. Poi ti pervade della sua ESUBERANZA TATTILE che è al contempo scoperta e fredda. Condensa tanto sapore e tuttavia fluisce sempre vitreo, mai velato o rustico. La PODEROSA ACIDITÀ e le inclinazioni semi-aromatiche potrebbero avvicinarlo al riesling. Geneticamente è figlio del savagnin e fratello del sauvignon, ma la sfumatura tannica risuona in misura minore dell’albana o della grenache blanc. Zuccheri, alcoli, polialcoli e acidità collaborano a lastricare una PERSISTENZA CHE NON VUOLE FINIRE MAI.

Una bottiglia felice di Chenin approcciata con la giusta predisposizione ti trascina lungo un FLUSSO CANGIANTE CHE SGUSCIA SEMPRE INNANZI, COMPRESSO ED INSONDABILE. È questa preponderanza di energia tellurica inespressa che lo rende sempre parzialmente inconoscibile. È questa sua difficoltà a lasciarsi andare che non ci dona mai una esperienza rassicurante. CI CHIEDE SEMPRE DI MUOVERCI PER ANDARGLI INCONTRO nonostante le sue peculiarità fisiche siano così suadenti a partire dalla mole glicerica. Dalle versioni più filo-ossidative a quelle giocate più in riduzione, da quelle che affinano in legno a quelle che maturano in contenitori meno traspiranti, lo Chenin MANTIENE SEMPRE UN SUO SPAZIO PRIVATO. Forse perché la sua naturale tensione acida ti dà l'impressione di sordinare l'espressione completa del frutto. Lo Chenin ha un grappolo abbastanza allungato, i suoi acini dalla buccia sottile sono SATURI DI ACIDO (TARTARICO E CITRICO) E DI ZUCCHERO. Predilige terreni argillo-calcarei anche se sa adattarsi, ma soprattutto germoglia precocemente e matura tardivamente, ha quindi UNA LUNGHISSIMA FASE VEGETATIVA. I suoi tanti talenti possono essere un’opportunità o un vincolo. Dagli alberelli della VANDEA, sferzati dai venti atlantici, alle vigne coltivate nel clima continentale temperato del VENDOMOIS corrono più di 200 km di diversità pedoclimatiche composte sul lessico dello Chenin ed articolate sulla sintassi del bacino fluviale della Loira.
 
QUESTE ALCUNE VERSIONI ASSAGGIATE DI RECENTE:
 
HAUT DE CLOUS 2018 Domaine Saint Nicolas, Brem Sur Mer (Fiefs Vendée)
Un vino che ti scudiscia le brezze salate dell'Atlantico. Ti trasmette anche tutta la difficoltà di vegetare galleggiando su un velo bruno di argilla e calcare, infiltrato di limo fluviale e sabbie salate marine e palustri. Le radici devono attecchire su una roccia madre di scisti, rioliti e gneiss. Tante asperità distillano liquidi che sono autentiche spade laser dei Jedi di Guerre Stellari. TENSIONE TRANCIANTE che pare scaturita dalla sensazione immateriale della luce. La luminosità è fredda, grigia, ma sempre tersa. La salinità è più minerale che iodata, ed il frutto (meline selvatiche e nespole) è incapsulato nella pressione acido/salina. Ricorda una interpretazione di Buster Keaton, sempre in movimento e apparentemente anaffettivo, MA INDUCE GIOIA E DIVERTIMENTO ESATTAMENTE COME QUESTO VINO CHE INFONDE L'EMOZIONE DEL RICONOSCIMENTO DI UNA TERRA IN COLORO CHE LA CONOSCONO.
 
LA CHARPENTRIE 2017 Domaine Du Collier, Brēzé (Saumurois)
Il vino è di Antoine Foucault, figlio del leggendario Charly Foucault. Ed onestamente, sarà la suggestione, sarà l'incontestabile vocazione di Brēzé, saranno i consigli dello zio Nady, ma il portamento è da grande classico. Un alter ego dei magnifici rossi di Clos Rougeard, che ordiscono una tessitura raffinatissima con il filo verde ed intimamente rustico del cabernet franc. AUSTERO nell'espressività, ADAMANTINO nella trasparenza della materia. Il suolo povero calcareo-limoso pieno di ciottoli, le precipitazioni inferiori alla media ligerien ed il clima relativamente "caldo" di Saumur, sagomano la densità fruttata dello chenin. Ne smussano l'acidità e favoriscono una più pronta armonia tra l'entrata di bocca, la parte centrale e la chiusura. Probabilmente la prontezza è solo un’illusione, anche se non mi è mai capitata una bottiglia sufficientemente matura per approfondire questa ipotesi. Di sicuro di Domaine du Collier ho sempre bevuto bianchi con STRUTTURE IMPONENTI ISPIRATE AD UN’ELEGANZA CLASSICA.  L'eleganza non è più una mia urgenza, ma a questi livelli è pur sempre un piacere raro.
 
IRIS 2016 Jean Pierre Robinot, Chahaignies (Jasnier)
Che dire? Bevetene più che potete! Vino EMOTIVO nonostante la materia BRILLANTE. PROFONDO nonostante ti racconti già molto di sé al suo primo approccio. ESPRESSIVO nonostante si percepisca la VITALITÀ ancora in piena espansione. ENIGMATICO nonostante la FRANCHEZZA del frutto. Un PARADOSSO continuo COINVOLGENTE ed EMANCIPANTE. È senz'altro uno Chenin, ma è soprattutto uno Jean Pierre Robinot.


LE BOURNAIS 2017 Montlouis sec Domaine Francois Chidaine, Montlouis (Touraine)
Montlouis è la dirimpettaia di Vouvray, assisa sulla sponda meridionale della Loira. 400 ettari vitati su suoli argillo-calcarei con forte presenza di silicio e limo che si corica su uno zoccolo tufaceo.
Freschezza e nota gessosa interagiscono sempre magnificamente. È un vino per palati maturi, quasi privo di riferimenti organici. E' tutto un TURBINIO DI FORZE E MINERALITÀ. A bicchiere vuoto alcune particelle odorose sussurrano meline e perine selvatiche, un miele di fiori gialli e dello sfalcio d'erba, parzialmente fermentata ma lungi dall'essere fieno. Prima di indagare cocciutamente alla ricerca di qualche indizio aromatico, il vino è finito senza avvisarci.
 
FIDES 2015 Domaine Eric Morgat, Savennieres (Anjou)
Esposizioni sostanzialmente meridionali da parte delle varie parcelle che contribuiscono a questa etichetta (una fra tutti il cru Roche aux Moines), suolo di sabbie eoliane con madre scistosa. La maturazione zuccherina dello chenin qui non è mai stata la prima impellenza. Semmai nelle estati calde talvolta da queste parti perdono un po' del loro affascinante carattere nervoso. Non è il caso di Fides, che arrotonda gli spigoli con la sabbiatura ma rimane affusolato come un giavellotto. Vino che annuncia COMPLESSITÀ e PROFONDITÀ, che ha un esordio meno zuccherino, una maggior ARMONIA DINAMICA A CENTROBOCCA ed una chiusura lunga, anche se al momento affidata soprattutto alla componente acida che la sfuma in un soffio piacevolmente secco.
 
VOUVRAY METHODE TRADITIONELLE RESERVE 2002 Clos Naudin, Vouvray (Touraine)
3 grammi di dosaggio. Una materia cristallina che ti offre comunque SUFFICIENTE FRUTTO A CENTROBOCCA PER SOSTENERE LA SPINTA DISSOLUTORIA DELLE FORZE DURE. Il corredo aromatico ti rassicura ancora prima del sorso: lime, pompelmo, iodio e gesso. Che languide promesse per un bevitore seriale di bolle. E la QUALITÀ DELL'ACIDITÀ È DI LIVELLO ASSOLUTO: non chiude la persistenza bruscamente ma la allunga verso un commiato già fervido di desiderio
 
LE MONT PREMIERE TRIE MOLLEAUX 2015 Domaine Huet, Vouvray (Touraine)
C'è stato un tempo in cui il Vouvray Molleaux era "il vino dolce" alla corte del Re di Francia.
Assaggiando questo meraviglioso vino non si capisce come mai non si rinnovino quotidianamente i fasti antichi.
Una INCREDIBILE CONSISTENZA MATERICA che scorre disinvoltamente lasciando una piacevolissima persistenza mielosa. Appunti sparsi dal caleidoscopio aromatico: sublime fico selvatico, dattero, miele d'arancio, miele di castagno, zafferano, composta di cotogna. Una sinfonia odorosa dove la RITMICA DEGLI AGRUMI ARMONIZZA GLI SPUNTI SOLISTICI DELLE POLPE PIÙ DOLCI e la BOTRITYS conferisce quella “sporcatura” che è come il pizzico di sale nella ricetta del dolce. Tale è al naso tale è in bocca. Simpatizzo per il partito del "less is more", ma qui indiscutibilmente "more is more". NON PLUS ULTRA.