NO CODE: TRIPADVISOR? NO GRAZIE, STO CERCANDO DI SMETTERE
di OFELIA BARTOLUCCI - 10 maggio 2017
TripAdvisor? NO grazie, sto cercando di smettere!
La differenza tra le persone sta solo
nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza
Lev Tolstoj
Se internet ci ha insegnato qualcosa è che la comunicazione è una forma di potere, l’informazione è uno strumento soggettivo e la nostra reputazione on-line, ahimè, non dipende solo da noi. Anzi.
Penso a TripAdvisor e trovo aberrante il fatto che uno strumento così popolare sia così poco democratico.
In diciassette anni di TripAdvisor – dal 2000 ad oggi - abbiamo visto cambiare l’utente/cliente e la sua relazione con la piattaforma. Oggi, molto più di ieri, TripAdvisor si è dimostrato essere, in molti casi, uno strumento ambiguo e di dubbia serietà, inerme di fronte alla marea di recensione false (e a pagamento), assente di un sistema di filtri-parole e ancor più di un sistema equo tra l’opinione del ristoratore e quella del cliente/giudice (al quale non solo è consentito l’anonimato, ma a cui non viene richiesta neppure la prova di essere stato nel locale in questione).
Per questo, quando tu ristoratore decidi di impiegare il tuo tempo per rispondere alle critiche degli utenti, dovresti pensare a una sola cosa per non vanificare il tuo intento:
NON stai rispondendo SOLO a quel cliente specifico, che magari è anche maleducato o che forse non esiste neppure e che, ad ogni modo, l’hai già perso nel 90% dei casi: tu STAI rispondendo a una platea di potenziali nuovi clienti, che sono curiosi di leggere cosa tu abbia da dire in merito alle accuse che ti sono rivolte.
Si, perché la triangolazione percettiva è questa: la struttura recensita, l’ospite/utente che scrive quella recensione e il decisore (colui che legge le recensioni, comprese le tue risposte).
Il decisore chi è? Un potenziale cliente futuro, che prima di decidere quale ristorante scegliere, arriva su TripAdvisor, in maniera più o meno conscia, decide di fermarsi da te o proseguire passando ad altri ristoranti. Nel caso il decisore ti scelga - anche in base alle risposte che tu hai dato agli utenti molesti – spesso verifica le tue informazioni su Google, visiona il tuo sito, da un’occhiata alla tua pagina Facebook e, dopo questa seconda fase, decide se prenotare o meno.
Quando decide di venire da te…non è detto che sia iscritto a TripAdvisor, oppure, nonostante vi sia iscritto, non rientra tra i clienti-molesti e forse non intende neppure recensire il tuo locale.
La cosa buffa è che negli ultimi anni si sfornano manuali sulla reputazione on-line e ci sono intere sezioni dedicate a TripAdvisor, per le attività turistiche e per la ristorazione.
Si consiglia ai ristoratori e albergatori come devono rispondere agli utenti... e fin qui tutto bene.
Solo che non ho ancora trovato un codice deontologico che dica all’utente che l’educazione è un requisito fondamentale, che la critica deve essere costruttiva per chi ti legge e non diffamatoria...e che forse non è sano immedesimarsi nell'ultimo critico della Michelin, neanche credersi ‘il Cracco della situazione’.
Quindi amico mio hai due opzioni: rispondere sapendo che il genere umano è variegato o fare esattamente il contrario: SCEGLIERE DI NON RISPONDERE.
E te lo puoi permettere a maggior ragione se hai un’identità forte, se hai un tuo manifesto, se sai di essere coerente con i tuoi clienti, se hai differenti canali di comunicazione, se non sei un locale turistico e sei responsabile del tuo ristorante, quindi rispondi di quello che fai e nei confronti di ogni cliente con un nome e cognome. Face to face.
Una delle prime regole che il Cluetrain Manifesto (manifesto sociale-economico nato con l’intento di spiegare l’impatto del web nella vita delle persone) ci ha insegnato che ‘Le persone nei mercati in rete possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro utenti che da chi vende’, ma oggi non ci stiamo forse dimenticando che ‘chi vende’ un servizio è comunque una persona?
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The Cluetrain Manifesto, 1999, www.cluetrain.com
A.Sernovitz, L’arte del passaparola
M.De Baggis e F.Pretolani, Appunti per un turismo psicogeografico
La differenza tra le persone sta solo
nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza
Lev Tolstoj
Se internet ci ha insegnato qualcosa è che la comunicazione è una forma di potere, l’informazione è uno strumento soggettivo e la nostra reputazione on-line, ahimè, non dipende solo da noi. Anzi.
Penso a TripAdvisor e trovo aberrante il fatto che uno strumento così popolare sia così poco democratico.
In diciassette anni di TripAdvisor – dal 2000 ad oggi - abbiamo visto cambiare l’utente/cliente e la sua relazione con la piattaforma. Oggi, molto più di ieri, TripAdvisor si è dimostrato essere, in molti casi, uno strumento ambiguo e di dubbia serietà, inerme di fronte alla marea di recensione false (e a pagamento), assente di un sistema di filtri-parole e ancor più di un sistema equo tra l’opinione del ristoratore e quella del cliente/giudice (al quale non solo è consentito l’anonimato, ma a cui non viene richiesta neppure la prova di essere stato nel locale in questione).
Per questo, quando tu ristoratore decidi di impiegare il tuo tempo per rispondere alle critiche degli utenti, dovresti pensare a una sola cosa per non vanificare il tuo intento:
NON stai rispondendo SOLO a quel cliente specifico, che magari è anche maleducato o che forse non esiste neppure e che, ad ogni modo, l’hai già perso nel 90% dei casi: tu STAI rispondendo a una platea di potenziali nuovi clienti, che sono curiosi di leggere cosa tu abbia da dire in merito alle accuse che ti sono rivolte.
Si, perché la triangolazione percettiva è questa: la struttura recensita, l’ospite/utente che scrive quella recensione e il decisore (colui che legge le recensioni, comprese le tue risposte).
Il decisore chi è? Un potenziale cliente futuro, che prima di decidere quale ristorante scegliere, arriva su TripAdvisor, in maniera più o meno conscia, decide di fermarsi da te o proseguire passando ad altri ristoranti. Nel caso il decisore ti scelga - anche in base alle risposte che tu hai dato agli utenti molesti – spesso verifica le tue informazioni su Google, visiona il tuo sito, da un’occhiata alla tua pagina Facebook e, dopo questa seconda fase, decide se prenotare o meno.
Quando decide di venire da te…non è detto che sia iscritto a TripAdvisor, oppure, nonostante vi sia iscritto, non rientra tra i clienti-molesti e forse non intende neppure recensire il tuo locale.
La cosa buffa è che negli ultimi anni si sfornano manuali sulla reputazione on-line e ci sono intere sezioni dedicate a TripAdvisor, per le attività turistiche e per la ristorazione.
Si consiglia ai ristoratori e albergatori come devono rispondere agli utenti... e fin qui tutto bene.
Solo che non ho ancora trovato un codice deontologico che dica all’utente che l’educazione è un requisito fondamentale, che la critica deve essere costruttiva per chi ti legge e non diffamatoria...e che forse non è sano immedesimarsi nell'ultimo critico della Michelin, neanche credersi ‘il Cracco della situazione’.
Quindi amico mio hai due opzioni: rispondere sapendo che il genere umano è variegato o fare esattamente il contrario: SCEGLIERE DI NON RISPONDERE.
E te lo puoi permettere a maggior ragione se hai un’identità forte, se hai un tuo manifesto, se sai di essere coerente con i tuoi clienti, se hai differenti canali di comunicazione, se non sei un locale turistico e sei responsabile del tuo ristorante, quindi rispondi di quello che fai e nei confronti di ogni cliente con un nome e cognome. Face to face.
Una delle prime regole che il Cluetrain Manifesto (manifesto sociale-economico nato con l’intento di spiegare l’impatto del web nella vita delle persone) ci ha insegnato che ‘Le persone nei mercati in rete possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro utenti che da chi vende’, ma oggi non ci stiamo forse dimenticando che ‘chi vende’ un servizio è comunque una persona?
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The Cluetrain Manifesto, 1999, www.cluetrain.com
A.Sernovitz, L’arte del passaparola
M.De Baggis e F.Pretolani, Appunti per un turismo psicogeografico