ROSSO DI MONTALCINO, UN PERFETTO INTERPRETE DEL TERRITORIO
di VITALIANO MARCHI - 08 gennaio 2018
COMPRENSORIO
Siamo nel settore centro-meridionale della Toscana, a circa 40 chilometri a sud di Siena, in un’area lambita, ma non raggiunta, dalle grandi arterie del traffico nazionale. La zona di produzione è delimitata dai confini dell’omonimo comune, i cui lati sono solcati dai quattro principali corsi d’acqua del senese: Ombrone, Asso, Arbia e Orcia.
Dal punto di vista orografico si presenta come una sorta di promontorio la cui sommità coincide con il centro abitato, situato oltre i 500 metri sul livello del mare.
I numeri sono spesso noiosi, ma contribuiscono a rendere più chiara l’idea di un territorio che ha nella viticoltura la sua principale missione. L’estensione del comune si aggira sui 24.000 ettari, 3.500 dei quali dedicati alla viticoltura.
La docg Brunello di Montalcino può contare su 2.100 ettari, mentre la doc Rosso di Montalcino su appena 510 ettari. La produzione complessiva varia, a seconda delle annate, dai 7 ai 9 milioni di bottiglie. Detto poi che gli abitanti sono circa 5.000 e fra questi si contano 250 produttori - in pratica un produttore ogni 20 abitanti - si ha un quadro completo di quanto il vino e Montalcino siano un tutt’uno indissolubile.
IL SANGIOVESE, PROTAGONISTA INDISCUSSO
Il protagonista del comprensorio è il sangiovese, unico vitigno legalmente ammesso nelle due denominazioni a bacca rossa che portano il nome del comune: Brunello di Montalcino e Rosso di Montalcino.
Quello che nasce a Montalcino è un sangiovese che, con toni più caldi e marini rispetto al non lontano Chianti Classico, assume sfumature diverse a seconda della sensibilità dell’interprete e del settore in cui sono a dimora le piante.
Se il Brunello di Montalcino svetta per blasone e statistiche produttive, il Rosso di Montalcino, spesso più agile e scevro da ambizioni di lunga gittata, si presenta come un attento lettore delle diversità di questo scacchiere.
IL ROSSO DI MONTALCINO
Il Rosso di Montalcino ottiene la denominazione di origine controllata (Doc) nel 1984, fortemente voluta dal presidente del Consorzio di allora Enzo Tiezzi e dal sindaco di Montalcino Mario Bindi.
Il movente della nascita del Rosso di Montalcino è la volontà di avere un “secondo” vino, qualitativo e di eccellente bevibilità, che permettesse ai produttori di monetizzare più velocemente una parte del loro lavoro (il Brunello può essere commercializzato solo dal primo gennaio del quinto anno successivo alla vendemmia) ed ai consumatori di avvicinarsi ai vini di questo comprensorio con minore timore reverenziale.
Si tratta di un vino che può essere commercializzato dal primo settembre dell’anno successivo alla vendemmia, frutto di una resa massima dell’uva di 90 quintali per ettaro (80 per il Brunello di Montalcino). Contrariamente a quanto avviene per il Brunello di Montalcino, per il Rosso non è necessaria la maturazione in botti di legno. Può essere ottenuto anche dal declassamento di una partita di vino atto a divenire Brunello di Montalcino.
Quelle che seguono sono alcune note relative a una degustazione di alcuni dei vini che meglio rappresentano la denominazione, organizzata dal comitato dei produttori di Predappio in occasione de “I tre Giorni del Sangiovese” e curata magistralmente da Armando Castagno.
L'ordine con cui i vini appaiono corrisponde all'ordine di assaggio.