UNICO COME VEGA-SICILIA
di VITALIANO MARCHI - 26 agosto 2018
Ci sono vini che per storia, qualità, (ir)reperibilità e, ahimè, costo inesorabilmente elevato, sono assurti a veri e propri totem dell’enologia mondiale; vini che qualunque appassionato desidera assaggiare almeno una volta nella vita. Uno di questi è senza ombra di dubbio il Vega Sicilia Unico, punto di riferimento della Spagna viticola.
Il suo nome rappresenta un omaggio a Cecilia, antica proprietaria dei terreni su cui ancora oggi giacciono i vigneti, mentre Vega significa “piana fertile”. Vega Sicilia può essere pertanto tradotto in “Terra di Cecilia”.
Il Vega Sicilia Unico nasce da uno dei territori più vocati della penisola iberica, quella Ribera del Duero riconosciuta già dai romani come terra ideale per la coltivazione della vite; un territorio in cui, nel 1864, Don Eloy Lecanda Y Chavez, dopo aver studiato enologia a Bordeaux, decise di fondare la propria “bodega”, in un sito posto sulla riva sinistra dell’eponimo fiume.
Il battesimo di questo vino risale agli stessi anni e avviene sotto l’auspicio di competere con i migliori vini bordolesi. Per questo motivo si sceglie di sovrainnestare gran parte dei vigneti storici con varietà tipiche d’Aquitania, come merlot, petit verdot, carmenere e cabernet sauvignon, ma preservando le classiche uve rosse della zona: garnacha tinta e tempranillo, da utilizzare in taglio con le prime. Con il tempo e tanta esperienza si è arrivati, verso la metà del Novecento, a quello che è il blend attuale per il vino simbolo dell’azienda: circa 90% tempranillo e 10% cabernet sauvignon.
Da questo momento in poi Unico diventa un vino mitologico, prodotto per alimentare la propria fama di vino migliore di Spagna, dotato di una capacità di invecchiamento straordinaria e una costanza fuori dal comune; in qualsiasi annata lo si assaggi permane la sensazione di bere un vino giovanile, ancora strabordante di energia.
Ogni uscita rappresenta un piccolo mistero, autorizzata (o meno) dall’insindacabile giudizio dell’enologo della bodega. A lui spetta la responsabilità di giudicare il momento giusto per la commercializzazione, fosse anche dopo qualche decennio di invecchiamento in barrique e anni di affinamento in bottiglia. Non sono rari i casi in cui viene rilasciata un’annata, mentre le precedenti restano ancora a riposare in cantina.
In occasione di una recente serata, in cui si sono aperte diverse bottiglie mitologiche, abbiamo assaggiato Unico 1986, un vino che si è misurato con alcuni dei più prestigiosi vini del pianeta, e lo ha fatto nascondendosi, concedendosi poco per volta, fino a distendersi in un allungo talmente potente da risultare uno dei migliori liquidi presenti sulla tavola.
Il suo nome rappresenta un omaggio a Cecilia, antica proprietaria dei terreni su cui ancora oggi giacciono i vigneti, mentre Vega significa “piana fertile”. Vega Sicilia può essere pertanto tradotto in “Terra di Cecilia”.
Il Vega Sicilia Unico nasce da uno dei territori più vocati della penisola iberica, quella Ribera del Duero riconosciuta già dai romani come terra ideale per la coltivazione della vite; un territorio in cui, nel 1864, Don Eloy Lecanda Y Chavez, dopo aver studiato enologia a Bordeaux, decise di fondare la propria “bodega”, in un sito posto sulla riva sinistra dell’eponimo fiume.
Il battesimo di questo vino risale agli stessi anni e avviene sotto l’auspicio di competere con i migliori vini bordolesi. Per questo motivo si sceglie di sovrainnestare gran parte dei vigneti storici con varietà tipiche d’Aquitania, come merlot, petit verdot, carmenere e cabernet sauvignon, ma preservando le classiche uve rosse della zona: garnacha tinta e tempranillo, da utilizzare in taglio con le prime. Con il tempo e tanta esperienza si è arrivati, verso la metà del Novecento, a quello che è il blend attuale per il vino simbolo dell’azienda: circa 90% tempranillo e 10% cabernet sauvignon.
Da questo momento in poi Unico diventa un vino mitologico, prodotto per alimentare la propria fama di vino migliore di Spagna, dotato di una capacità di invecchiamento straordinaria e una costanza fuori dal comune; in qualsiasi annata lo si assaggi permane la sensazione di bere un vino giovanile, ancora strabordante di energia.
Ogni uscita rappresenta un piccolo mistero, autorizzata (o meno) dall’insindacabile giudizio dell’enologo della bodega. A lui spetta la responsabilità di giudicare il momento giusto per la commercializzazione, fosse anche dopo qualche decennio di invecchiamento in barrique e anni di affinamento in bottiglia. Non sono rari i casi in cui viene rilasciata un’annata, mentre le precedenti restano ancora a riposare in cantina.
In occasione di una recente serata, in cui si sono aperte diverse bottiglie mitologiche, abbiamo assaggiato Unico 1986, un vino che si è misurato con alcuni dei più prestigiosi vini del pianeta, e lo ha fatto nascondendosi, concedendosi poco per volta, fino a distendersi in un allungo talmente potente da risultare uno dei migliori liquidi presenti sulla tavola.