VINO: LOST IN TRANSLATION. L'EDITORIALE DELLA NOSTRA PRIMAVERA.
di OFELIA BARTOLUCCI - 12 maggio 2019
Un vino è un paesaggio + la mano dell’uomo + un’ottima annata o proprio il suo contrario. Un vino è la sua terra + il vitigno + la filosofia… in alcuni casi + una buona storia; una rivoluzione per alcuni + una tradizione che si rinnova per altri. Infine, un vino è una questione di traduzione.
Per i mesi che verranno, ci confronteremo con differenti linguaggi, modi di descrivere, intendere e tradurre il vino. Sì, perché il tentativo è sempre il medesimo: dire la stessa cosa in un’altra lingua... come per magia.
Avere tra le mani un calice e da lì ricomporre uno scenario verbale che è passato prima dai nostri occhi e dalla nostra bocca.
Lanciare paradigmi azzardati, giocare con parole che possano aprire mondi che il nostro alfabeto sensoriale riconosce, ma non sempre verbalizza.
E poi saremo intenti a dare una lista concreta di vini che sarebbe bello assaggiare, magari insieme, tutto qua.
Con la consapevolezza che “tradurre” significa anche “tradire” (come ci confida la radice di queste due parole).
Inevitabile, perché le parole a volte superano la magia del vino e a volte – al contrario - non bastano.
In ordine sparso:
L’annata 2013 in Côte d’Or, un ritorno alla classicità? Un quesito e una plausibile risposta da parte di Filippo Apollinari.
La Cote Chalonnaise e il Beaujolais, a cura di Vitaliano Marchi.
Vin de soif – una capriola per parlare dei vini da bere tutti in un sorso, a cura di Lucio Fossati.
Una verticale di Beaune Premier Cru Les Teurons del Domaine Rossignol-Trapet, per continuare ad approfondire la conoscenza di uno dei comuni più importanti e meno battuti della Côte d’Or.
Il vino in 5 stanze a cura di Ofelia Bartolucci. Una serata speciale, di parole e vini d’autore. La curatela condivisa tra Stefano Zaghini, Michela Fiorucci, Luciano Fossati; la degustazione condotta da Francesco Falcone. La direzione artistica di Stefano Zaghini.
Questo e altro, in questa stagione (forse), su Enocode.
Per i mesi che verranno, ci confronteremo con differenti linguaggi, modi di descrivere, intendere e tradurre il vino. Sì, perché il tentativo è sempre il medesimo: dire la stessa cosa in un’altra lingua... come per magia.
Avere tra le mani un calice e da lì ricomporre uno scenario verbale che è passato prima dai nostri occhi e dalla nostra bocca.
Lanciare paradigmi azzardati, giocare con parole che possano aprire mondi che il nostro alfabeto sensoriale riconosce, ma non sempre verbalizza.
E poi saremo intenti a dare una lista concreta di vini che sarebbe bello assaggiare, magari insieme, tutto qua.
Con la consapevolezza che “tradurre” significa anche “tradire” (come ci confida la radice di queste due parole).
Inevitabile, perché le parole a volte superano la magia del vino e a volte – al contrario - non bastano.
In ordine sparso:
L’annata 2013 in Côte d’Or, un ritorno alla classicità? Un quesito e una plausibile risposta da parte di Filippo Apollinari.
La Cote Chalonnaise e il Beaujolais, a cura di Vitaliano Marchi.
Vin de soif – una capriola per parlare dei vini da bere tutti in un sorso, a cura di Lucio Fossati.
Una verticale di Beaune Premier Cru Les Teurons del Domaine Rossignol-Trapet, per continuare ad approfondire la conoscenza di uno dei comuni più importanti e meno battuti della Côte d’Or.
Il vino in 5 stanze a cura di Ofelia Bartolucci. Una serata speciale, di parole e vini d’autore. La curatela condivisa tra Stefano Zaghini, Michela Fiorucci, Luciano Fossati; la degustazione condotta da Francesco Falcone. La direzione artistica di Stefano Zaghini.
Questo e altro, in questa stagione (forse), su Enocode.